giocare, pallone,

Tesi:

Tutti dovranno capire il primato sociale, culturale, scientifico dell’industria: e lo stesso capitale dovrà sottomettersi e seguirne le ragioni.


Era il 1989 quando usciva per Einaudi il romanzo che contiene questa frase.

Il libro si chiama “Le mosche del capitale” scritto da Paolo Volponi, manager al fianco di Adriano Olivetti, consulente per la Fiat negli anni ’70 e poi senatore della Repubblica con il PCI.

Nella citazione che avete letto c’è tutta la speranza, l’ideologia e visione di Olivetti, suo maestro, il quale credeva che il progresso industriale potesse portare con sé anche un progresso culturale per le persone e che il progresso industriale, che noi chiameremmo tecnologico, portasse con sé un benessere sociale.

Purtroppo però “Le mosche del capitale” è un libro amaro nel quale Volponi, attraverso il protagonista Bruto Saraccini, manager democratico e colto (troppo?), schiacciato da regole e processi dell’industria per cui lavora, si dichiara sconfitto. Soprattutto la messa in regola del capitale che invece diviene il protagonista assoluto nella sua voracità e autonomia.

Mosche del capitaleChi legge oggi la storia di Bruto Saraccini, compresso tra richieste idiote e autorità meschine, potrebbe avere la sensazione di rivivere molte delle proprie giornate lavorative: esiste davvero una sovrastruttura che sembra dotata di vita propria, con proprie regole e soprattutto ci impedisce di essere efficienti, creativi e uomini.

Sovrastruttura di complessità che abbiamo creato noi. Perché non semplificare?

Antitesi:

Di sicuro non era un posto in cui l’importanza si misurava in metri quadrati.

Stiamo parlando di Google dove l’importanza del ruolo non è proporzionato all’ampiezza dell’ufficio oppure se hai o no la pianta di ficus o l’acquario, di fantozziana memoria, con i dipendenti che nuotano dentro.

Questa citazione è tratta da un libro che si intitola: “Come funziona Google”. Niente roba nerd sull’algoritmo misterioso e niente questioni sullo sviluppo del mercato della pubblicità mobile: si tratta di un libro che spiega dall’interno come funziona l’azienda Google e le persone, perché anche Google, l’azienda, non è nient’altro che un gruppo di persone. Eccellenti, ma sempre persone.

GoogleCome può un’azienda, in un campo così veloce come la tecnologia informatica, avere una una sovrastruttura, come quella di cui abbiamo parlato prima, che più che regolare schiaccia, più che liberare creatività dirige e quindi paradossalmente evita l’innovazione, se non fortemente controllata da un business plan?

Il libro ci racconta proprio questo: indipendentemente dall’idea forte, ovvero Google stessa, i due fondatori sono riusciti a “liberarsi” in parte della sovrastruttura e della complessità formale delle aziende in un momento pre-crisi in cui, forse, era l’unico punto sul quale era necessario innovarsi davvero, sono stati le persone giuste, al momento giusto con l’idea giusta!

Nel libro ci sono delle buone idee per qualsiasi tipo di azienda; semplifichiamo?

Sintesi:

Sono sicuro che è una questione di entusiasmo.

Che manca.

Devo trovarlo. Riprendermelo.
C’è, là fuori.

È un parlare semplice, ma non così semplice da mettere in pratica a meno che non siate il protagonista di questo libro: Naif.Super di Erlend Loe.

Capita a tutti di andare in crisi, capita che le cose che facciamo abitualmente non abbiano più senso, qualche volta nemmeno le persone hanno più senso. E non parliamo di depressione, parliamo di abitudine, noia, routine; parliamo di quando tutta diventa un paesaggio già visto. E non ci emozioni più.

Capita alle persone, capita alle aziende che sono fatte di persone.

Nel romanzo, il protagonista decide di ricominciare semplicemente con gesti semplici e fa una cosa geniale: compra un pallone. Ricomincia dal gesto più semplice con il quale si divertiva. Da qui lentamente ricostruisce perché in fondo come dice nel libro:

…tirare due calci a un pallone ci aiuta a credere alla purificazione dell’anima attraverso il gioco e il divertimento.

Non ci liberemo mai della sovrastruttura, ma tornare a divertirci e fare le cose con passione si.

Consiglio?

Teniamo un pallone in ufficio, in macchina a portata di mano. Cinque minuti di palleggio con il capo potrebbero esserci più utili di mille riunioni.