Nel linguaggio moderno la velocità è diventata sinonimo di efficienza ed efficacia. Per cui, associare l’aggettivo lenta all’impresa può rappresentare quasi un ossimoro. In realtà, se uno rallenta un attimo e riflette, si accorge che i giapponesi, ormai già molti anni fa, ci avevano avvisato che la velocità fine a se stessa non produce alcun valore. Infatti, nella logica del just in time, l’impresa non deve essere veloce, ma deve arrivare al posto giusto, al momento giusto, con il prodotto giusto per soddisfare il cliente giusto. L’adozione del just in time ha significato una maggiore orientamento al cliente, ma soprattutto…qualità. Una maggiore qualità raggiunta non attraverso un’ulteriore sofisticazione delle macchine, ma spostando l’intelligenza strategica ed organizzativa verso la “base della piramide organizzativa”. Questo non è stato vero per tutte le imprese. Altre, diversamente, hanno preferito standardizzare i processi per ridurne progressivamente la variabilità…fino al cosiddetto six sigma. Ma queste, spesso, rappresentano forme evolute di fordismo, dove la persona è sempre più asservita al funzionamento ed al ritmo del processo.

In ogni caso, la tesi centrale di questo post è che non è più sufficiente essere just in time, ma le imprese, anche se non tutte, devono diventare lente.

Che cosa significa diventare imprese lente?

Tenterò di chiarire il mio punto di vista attraverso un film cult dei nostri tempi: Cars! Ad un certo punto del film Sally Carrera porta Saetta McQueen sulle montagne lungo il tracciato della strada madre, la Route 66. Iniziano facendo una gara. Man mano che corrono Saetta viene sempre più affascinato dalla bellezza dei paesaggi e…rallenta!  Si fermano di fronte ad un Motel abbandonato, il Wheel Well… il posto più famoso della Route 66.

diventare imprese lente

Sally si racconta e spiega a Saetta come sia finita in quel posto dimenticato da tutti (Radiator Springs). Racconta di come fosse un avvocato affermato…”sempre nella corsia di sorpasso”, ma non riuscisse a sentirsi felice. Era arrivata a Radiator Springs per caso. E le macchine di quel posto si erano prese cura di lei dandole amicizia. Ma ho deciso di restare perché mi sono innamorata. E Saetta, già mezzo affranto, le domanda di chi. Lei risponde di questo….e gli mostra il panorama che si vede dalla terrazza naturale di fronte al Wheel Well . Saetta, sorpreso, si domanda: perché più nessuno viene qui? E lei le mostra l’autostrada e le spiega che non era sempre stata lì. L’autostrada ha tagliato fuori la città per risparmiare 10 minuti. E a questo punto Sally fa l’affermazione ormai divenuta famosa:

Quarant’anni fa le macchine viaggiavano in modo diverso. Il bello non era arrivare. Il bello era viaggiare.

Questi 10 minuti di Cars, che invito tutti a rivedere, raccontano l’essenza dell’impresa lenta. L’impresa lenta è un’impresa che non produce un prodotto, ma una storia profonda da raccontare.

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In Cars questa storia è impersonata dalla Route 66. Non a caso Sally si riferisce a Lei chiamandola La Strada Madre. La strada che ha segnato la storia degli Stati Uniti. Sally rappresenta molte delle nostre imprese. Sempre di corsa. Sempre a rincorrere il prossimo ordine ed il prossimo cliente…scordandosi spesso la propria storia e la propria identità. Diversamente, Sally ha saputo rallentare. Ha imparato nuovamente ad assaporare la vita e ha ritrovato la sua felicità. Come? Ha ritrovato il senso delle cose. Ha saputa dare senso alla sua quotidianità e alla quotidianità di chi la circonda. Ha riscoperto il valore del viaggio, il senso della propria storia…piuttosto che la continua ricerca del prossimo traguardo da tagliare.

Cosa deve fare, perciò, un’impresa per divenire lenta?

Non deve essere meno efficiente. Non deve neanche rinunciare a inseguire il prossimo cliente o il prossimo traguardo. Deve però cambiare il modo in cui si rapporta ai propri stakeholder e quindi a se stessa. Non deve focalizzarsi sulla loro/propria soddisfazione fine a se stessa, come un narciso che è capace di amare solo se stesso fino a morie affogato nel fiume in cui si specchiava. L’impresa deve imparare a diventare accogliente, e offrire un percorso. Deve offrire la propria Route 66. Un strada intrisa di storia, in cui gli stakeholder si possano identificare. Un viaggio che vale la pena fare. Non è importante l’arrivo (il bisogno soddisfatto). Ma come arrivo! Come arrivo ad assaporare il significato dell’arrivo. Non è neanche importante che la strada sia la più dritta. Il bello del viaggio sta nell’imprevisto, nei movimenti del paesaggio, in quel qual cosa che anche dopo trent’anni attorno ad un tavolo varrà la pena di raccontare e condividere con gli amici. Questo è l’obiettivo dell’impresa lenta. Farsi raccontare anche dopo molti anni come un’esperienza memorabile e ricca di significato. Un qualcosa che ha segnato nel profondo la propria vita. Non è in fondo questa la forza di prodotti come la Fiat 500 o il Macintosh. Hanno segnato un tempo, la vita e l’immaginario di chi li ha utilizzati.

E concludo con altri due riferimenti “artistici”: Chiedimi se sono felice? E che rumore fa la felicità?