
Era il 1995, dicembre se non ricordo male, e dalla radio giungeva un brano destinato a segnar(mi). Quel sound lo conoscevo bene, aveva sempre risuonato in casa, prima dal piatto, poi dallo stereo, la mia mamma del resto si è sempre vantata della sua collezione completa dei loro 33 giri. Parlo dei Beatles, naturalmente. Dei Fab Four, di quelli che per primi, in Europa, hanno mandato in estasi stuoli di ragazzine (compresa la mia mamma). Era il 1995 dicevamo però. Lennon era morto da 15 anni, e Paul, Ringo e George portavano avanti le loro carriere soliste. Era il momento (economico?) di pubblicare un’Antologia, per il lancio della quale Paul e Yoko Ono (vedova di Lennon) rispolverarono questa demo, registrata da Lennon nel 1977 e mai pubblicata. “Free as a bird”, alla radio risuonava di nuovo la voce di McCartney e le parole di Lennon. Parole che, ancora una volta, profumavano di libertà. La volevano, la chiamavano, l’auspicavano: “Free as a bird | It’s the next best thing to be free as a bird”.
Era il 1995, l’anno della sigla degli accordi di Schengen per altro e dell’assassinio di Rabin. Qualcosa che avvicina e qualcosa che ha piano piano allontanato, e, ridendo e scherzando, sono passati vent’anni. Oggi l’Europa è unita, e Israele… non si sa. Ciò che continua a risuonare, e ancora di più nelle ultime settimane, è l’inno alla libertà. A gran voce, si chiede libertà: di stampa, di opinione, di credo, di essere. Non starò qui a citare le tante manifestazioni, gli appelli, i fiumi di inchiostro stampato su quotidiani, settimanali e le nuove vignette pubblicate. Siete già al corrente di tutto. In giorni cruciali come questi, di quelli che meritano già un capitolo nei libri di storia, mi ha fatto molto piacere leggere su Repubblica di domenica 18 gennaio, un’intervista a Lawrence Lessig, docente ad Harvard e padre dei Creative Commons, proprio su questi temi: libertà, uguaglianza e democrazia, non solo nel mondo reale ma anche in quello digitale. Del resto Lessing già nel 2004 aveva pubblicato, come manifesto del free culture movement, un saggio dal titolo illuminate “Free Culture”. E qui si apre il dibattito: la proprietà intellettuale, il suo controllo (anche giuridico) e la libertà personale di esercitarla. Una frase di Lessing mi ha molto colpito, “La sfida è trasformare un mondo con regole folli in uno con regole ragionevoli”, sembrerebbe così scontato, come dire, ma perché non ci sono già le regole ragionevoli? Perché non siamo partiti proprio da quelle? Ma la cosa buona è che ancora di regole di parli, di leggi. La scelta non è tra anarchia ed eccessivo controllo, quella è già superata, sappiamo che una regolamentazione deve necessariamente esserci. Lo dico perché troppe volte ho sentito parlare del web come il mondo dove trionfa la libertà, l’uguaglianza, la condivisione, concetti che risolvono quasi sempre nel… poter avere gratis informazioni, immagini o video. Ecco questo non deve essere e mentre combattiamo per difendere la nostra democratica Europa pensiamo anche al nostro iperpresente web, pensiamo a come ha cambiato la nostra vita e come al suo interno evolve quotidianamente; dice Lessig, “perché la soluzione non è una Rete sregolata, ma regolata da leggi che tengano conto dell’impatto di una tecnologia in continua evoluzione sulla società”. Qualche dato? nel 2006 erano 50 milioni le licenze Creative Commons nel 2014 sono 882 milioni, la creatività è diventata in questi anni un bene pubblico, non gratuito ma fruibile liberamente.
Ma nel web c’è di più: c’è il controllo antiterroristico e d’altra parte il diritto fondamentale alla privacy e la tutela dei dati sensibili, “La sicurezza non può compromettere la privacy e i diritti fondamentali”, conferma Lessig. Quindi a ben vedere, tra online e offline poco cambia, ciò che va sempre indagato è il rapporto tra autorità e libertà, tra individuo e società (o rete), è ciò che rimane certo è che una regolamentazione, una legislazione è indispensabile. Il web non è il regno dell’anarchia, così come l’Europa non deve essere la vittima degli integralismi. Che sono sempre e comunque sbagliati, da qualsiasi parte o credo siano orientati. Il web come ci dice anche Lessig ha offerto e offre una grande opportunità a tutti noi: l’informazione, la condivisione, la partecipazione (mi sovviene una canzone di Giorgio Gaber) e la possibilità di essere coinvolti. Non lasciamo che uno spazio libero diventi una prigione.
Lettura consigliata: John Stuart Mill, Saggio sulla Libertà, Il Saggiatore 2009