Quest’estate ho deciso di dare ascolto a Flavia che in un suo post suggeriva alcune letture da fare sotto l’ombrellone (o sul divano, dato il meteo molto poco favorevole). Mi sono quindi imbattuta ne “Il mondo della rete. Quali i diritti, quali i vincoli” di Stefano Rodotà, che caldamente consiglio.
L’autore affronta diverse tematiche, tutte estremamente attuali ed estremamente importanti, ma una in particolare ha attirato la mia attenzione e ha fatto nascere la mia riflessione: come rivendicare il “diritto all’oblio” in un mondo devoto alla condivisione Social di qualsiasi dato personale e non? In un mondo in cui le persone che agiscono sul web vengono spesso ridotti a meri algoritmi per indicizzare i consumi?
Facciamo un passo indietro.
Il diritto all’oblio e alla cancellazione dei dati personali viene disciplinato all’art.16 del Regolamento sulla protezione dei dati personali, pubblicato il 25 gennaio 2012 dalla Commissione europea. Esso stabilisce che ogni c.d. “persona digitale” possa tracciare ogni sua informazione immessa nel mondo della rete, seguirla e, se necessario, anche cancellarla e rimuoverla definitivamente dal web. Il tutto in una politica garantistica della tutela della privacy, in cui ogni individuo abbia la possibilità di essere considerato un vero e proprio “cittadino del web”, libero di disporre dei suoi dati, dei suoi post, link, etc.
Nondimeno, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha siglato l’essenzialità di questo diritto con una recente sentenza del 13 Maggio 2014, con cui ha obbligato Google a rimuovere i link ritenuti non più accessibili al web da parte del richiedente (rimando alla lettura completa della sentenza).
La questione mi sembra chiara e corretta: io individuo devo poter disporre delle mie “proprietà” autonomamente, e devo dunque avere l’assoluta libertà di inserire e rimuovere dal web qualsiasi cosa mi riguardi.
A questo punto però mi sorge un dubbio. È veramente questo che tutti desiderano? A volte ritengo di no.
Ovviamente alle aziende non conviene: grazie ad alcuni algoritmi possono identificare gli interessi, i desideri ed anche i bisogni del loro target di riferimento, con una contemporanea riduzione della persona a consumatore. Esse hanno dunque bisogno della citata “damnatio memoriae”, l’attuale obbligo del ricordo, che Rodotà riporta. E per lo sviluppo del mercato è sicuramente una questione irrinunciabile.
Ciò che più mi ha fatto riflettere leggendo questi dati, sono però le stesse persone che, di fatto, spesso non dimostrano alcuna necessità e voglia di privacy nel momento in cui accedono al web. Si vede di frequente, infatti, un (ab)uso spropositato degli strumenti social, in cui vengono immessi dati non solo personali, ma talvolta personalissimi.
Nel momento in cui tali soggetti inseriscono queste nozioni, di certo non si pongono il problema della tracciabilità delle stesse. Forse per scarsa informazione, spesso con estrema coscienza e volontà di diffusione “worldwide”, assolutamente non per farle cadere nell’oblio. Cambieranno poi idea quando questi dati diverranno sconvenienti in un secondo momento? Sarà allora che vorranno fare un passo indietro? È vero che nessuno deve essere “prigioniero” del proprio passato, ma non sarebbe forse necessaria anche un’azione preventiva per la tutela della privacy, e non semplicemente una successiva rivendicazione del diritto all’oblio? Si dovrebbe, a mio parere, informare di più prima dell’accesso nel mondo della rete, agire anticipando i possibili riscontri negativi, non solo sfruttare gli strumenti legislativi a posteriori.
Interessi del mercato da un lato, diritti personali dall’altro. Riportando le parole di Rodotà “Internet deve imparare a dimenticare, si è detto, anche per sfuggire al destino del Funes di Borges, condannato a ricordare tutto. La via di una memoria sociale selettiva, legata al rispetto dei fondamentali diritti della persona, può indicizzarci verso l’equilibrio necessario nel tempo della grande trasformazione tecnologica”.
La verità come sempre sta nel mezzo. Anche se Google continuerà a ricordare, le persone continueranno a dimenticare (forse).