Di recente la sharing economy è diventata un argomento molto inflazionato, sul web e fuori.
Una delle motivazioni per cui se ne parla così tanto è legata principalmente alla rapida e virale diffusione di piattaforme che ne sposano i principi: Bla Bla Car, Airbnb, Uber, Bookcrossing e molti altri siti. A sua volta la capillare diffusione di queste piattaforme è stata resa possibile dal meccanismo nel quale i social ci hanno prepotentemente assorbito: la condivisione.
Condividiamo continuamente foto, stati d’animo, opinioni. Il modo di vivere i social ci ha educati in un certo senso a pensare che da tutta questa condivisione potesse scaturire qualcosa di socialmente utile.
Il paradigma 2.0 e il web in generale hanno dunque aperto un’importante opportunità per le aziende e per i consumatori, quella di abbattere i confini esistenti tra gli uni e gli altri e dialogare più direttamente al fine di creare relazioni proficue.
Sharing Economy
Per economia della condivisione si intende, in senso ampio, tutte le forme e modalità di utilizzo comune di una risorsa. Vale la pena citare, oltre quella tradizionale, forme come il crowdfunding e il crowdsourcing. Forme per le quali il principio base è proprio quello di condividere il patrimonio intellettuale in un caso, e le disponibilità economiche nell’altro.
In ogni caso, la finalità è quella di creare un approccio nuovo di business, coinvolgere attivamente il consumer fino a renderlo non solo attore della scena, ma in molti casi protagonista.
Il ruolo del consumatore e il rapporto tra consumatore e azienda rappresenta a mio parere l’elemento chiave di questo paradigma: i consumers sentono l’esigenza di comunicare con le aziende in maniera più diretta possibile, senza sentirsi messi su un diverso piano.
Dalla condivisione al business
Il primo passo che le aziende devono fare per crearsi un’opportunità con queste forme di condivisione, è quello di uscire dalla tradizionale mentalità che vede la sharing economy come un limite allo sviluppo del proprio business, piuttosto che un’opportunità di slancio.
La condivisione è percepita come un potenziale ostacolo alla vendita di beni e servizi, le piattaforme che offrono l’incontro tra domanda e offerta sono viste come competitor per le aziende.
Comprendere questi modelli, invece, significa soprattutto analizzare quali sono i bisogni dei consumer, come stanno cambiando le abitudini e le necessità, significa adeguarsi al cambiamento facendo della contingenza un’opportunità.
Soddisfare un bisogno esistente e concreto non è forse il massimo a cui possa aspirare un’azienda?
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Quali sono le opportunità che le aziende possono cogliere?
- Cercare sinergie con queste piattaforme
- Creare business paralleli a quelli tradizionali, promuovendo i vantaggi generati dalla condivisione
- Conoscere e analizzare nuovi target
Qualche esempio?
Barilla, per citarne una non piccola, ha sponsorizzato eventi Gnammo.
Gnammo è una piattaforma che organizza eventi di social eating, offrendo a tutti la possibilità di organizzare pranzi, cene ed eventi a casa propria o in qualsiasi location, mettere alla prova la propria bravura ai fornelli e conoscere nuovi amici.
Fubles, una piattaforma di social sport sharing, ha tra gli sponsor Adidas e Chronotech.
Senza fare grandi nomi, possiamo pensare alla pratica che ormai si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il territorio, relativa al coworking: la condivisione di spazi adibiti a uffici, studi medici, sale eventi e molto altro.
Anche in questo caso le opportunità per un’azienda possono essere tante, basta – come spesso amiamo ripetere – uscire dal paradigma tradizionale e guardare il mondo con nuovi occhi, abbracciare il cambiamento e trasformare quelle che possono sembrarci minacce in opportunità.