In una mansarda, liberata a fatica da vecchio ciarpame, Giulio ha fondato una piccola casa editrice. Missione? Dare voce a chi non l’aveva. Il sogno della sua vita fin da quand’era studente liceale.
Adesso è il primo lunedì di gennaio; tutti sarebbero tornati a lavorare dopo la pausa delle feste. Giulio, con i suoi giornali sotto braccio, è sempre il primo ad arrivare. Mette su il caffè e siede alla scrivania. Mentre sfoglia il giornale, iniziando, come sempre, dalla pagina culturale, la porta si apre improvvisamente. Entra Marco gridando a squarciagola: “Hai visto il giornale?”.
Marco è amico fraterno di Giulio e, da un anno, direttore commerciale. Giulio l’aveva cercato e rubato alla multinazionale in cui lavorava quando aveva capito che avrebbe avuto bisogno di aiuto cioè aveva bisogno di pianificazione, analisi e tutta quella roba di numeri con la quale non andava tanto d’accordo.
“Non urlare” rispose Giulio “Ho visto!”
“E allora non sei contento?”
Giulio rimase in silenzio. Marco, buttato il soprabito sull’attaccapanni e versatosi il caffè, gli si parò davanti.
“Giulio, non mi dire che adesso cominci con la storia dell’intellettuale sporcato dal mercato…”
“Non cominciare….” bofonchiò lui di rimando.
“Lo sai quanto ha venduto?”
“Quanto?”
“In tre settimane ha fatto trecentomila copie”
“Ma io non ho fatto trecentomila copie”
“Io si. Qualcuno mi ha detto che sarebbe uscita una recensione spettacolare su Repubblica e ho rischiato”
“Hai colto l’attimo…”
“Anche, ma non come lo intendi tu. La recensione ha solo amplificato la portata del libro. E poi non parlarne così sembra che parli di cacca di cane”
Giulio, rosso in viso, gli rispose: “Sono sbalordito! Ci metto anni per dare credibilità a questo progetto editoriale e adesso pubblico un romanzetto che fa trecentomila copie. Capisci il disastro?”
“Prima di tutto sei tu il direttore e sei tu che decidi che titoli pubblicare…”
“Ma questo era un favore a un amico, non doveva andare così…”
“Si ma il tuo favore ci permetterà di pagare qualche arretrato, tutta la distribuzione dell’anno prossimo, acquisire credibilità commerciale… e fare qualche investimento pubblicitario che non avresti potuto permetterti”.
“Ma cosa diremmo a tutti quei lettori affezionati delle nostre scelte di qualità”
“Adesso ricominciamo con questa solfa della qualità, diciamo che con questi soldi potrai comprarti i diritti di quello scrittore russo che ti piace tanto…”
“Non è russo, è estone”
“Va bè è lo stesso. Ascolta Giulio, questo romanzo l’hai scelto tu e hai deciso di pubblicarlo. Non poteva essere così male. È andata bene. Possiamo fare un altro marchio, possiamo fare una collana di romanzetti del genere e dare solidità e respiro a un sogno che voglio condividere con te…”
“Non lo so Marco, mi sembra di aver sporcato l’idea originaria, di aver tradito la mia missione di dar voce e forza a qualcuno che prima non ce l’aveva”
“Proprio grazie a questo puoi avere i mezzi per fare ancora di più…”
“Marco capisco cosa intendi, ma trecentomila copie è un mucchio di gente da soddisfare. È un mondo”
“Si chiama mercato!”
“Io prima li chiamavo lettori, sapevo chi erano e cosa volevano, ma questi?”
“Marco, quelli che tu chiamavi lettori erano il tuo mercato, piccolo ma era il tuo mercato. Adesso ne hai un altro, più vasto, più difficile da comprendere, ma ci sei entrato, ci siamo entrati alla grande perché starne fuori? Puoi fare l’intellettuale fino in fondo e dire che “la massa legge merda” o vederla come una possibilità per allargare, con cautela, il tuo progetto editoriale facendo scelte oculate”
Rimasero un attimo in silenzio per lungo tempo. Presi dai loro pensieri…
E adesso che si fa? Consigli?