Venerdì a Milano c’è Sharitaly, il primo evento italiano dedicato alla sharing economy.
Il tema è affascinante, è un sottile filo che sta contaminando diversi settori dell’economia e anche in Italia sta guadagnando attenzione.
Eccone una breve carta d’identità. E qualche istruzione per l’uso.
Che cos’è la sharing economy?
Vediamolo con alcuni esempi:
- alla proprietà sostuisco l’accesso a un bene: la bicicletta non la compro, la prendo in bike sharing, quando effettivamente mi serve
- dall’esperienza solitaria passo all’esperienza condivisa: il viaggio in auto verso il concerto lo faccio con il car pooling, in macchina con altre persone che fanno lo stesso tragitto
- allungo la vita degli oggetti e li sfrutto al meglio, comprandoli usati o prestandoli: vale per il trapano che userei tre volte nell’arco di un anno; o per un cappotto firmato, usato ma praticamente nuovo
- e la casa per le vacanze in Bretagna non la affitto da un’agenzia, la scambio con una persona del luogo che nello stesso periodo verrà a passare le sue vacanze a casa mia.
Perché proprio ora?
- perché risparmiare è un dictat imposto dalla crisi economica
- perché trovare soluzioni smart (riciclare, per esempio) è socialmente positivo
- perché condividere è socialmente positivo
- perché sempre di più cerchiamo e costruiamo esperienze ricche di senso, piuttosto che consumare, semplicemente
- perché abbiamo il mobile e i social network che amplificano la rete di persone e i momenti con cui siamo connessi e possiamo fare sharing
- perché andiamo concentrandoci in zone urbane e questo aumenta la probabilità che a poca distanza ci sia qualcuno con cui scambiare un oggetto, condividere un viaggio in macchina, scambiare qualche ora di lavoro per la manutenzione del giardino per una ricompensa economica.
E le aziende?
La sharing economy porta molte zone d’ombra e minacce per le aziende tradizionali, certo. Per esempio, porta a trovarsi nuovi concorrenti – pensiamo ai taxisti e a Uber – o veder calare le prenotazioni perché le persone dormono a casa di altre persone con Airbnb, invece che in hotel. In alcuni casi porta a competere in uno scenario non chiaro dal punto di vista fiscale o di leggi a tutela del lavoro.
Ma quali sono le opportunità? Sono molte, in evoluzione, aperte a chi sa muoversi prima degli altri. Farsi attivatori di collaborazione tra i clienti, per esempio. Pensiamo allo scambio di prodotti usati, di una certa marca. Perché non mettere a disposizione una piattaforma brandizzata in cui agevolare questo scambio? Posto che lo scambio ci sarebbe comunque, in altri luoghi della rete.
Torniamo indietro?
Non mancano i movimenti contrari alla sharing economy. Perché non è sicura, rompe le regole, si infila in spazi in cui le regole non ci sono ancora. Possiamo tornare indietro? No, possiamo migliorare andando in avanti. Siamo solo all’inizio ma una cosa è certa: i fattori che hanno portato all’emergere della sharing economy rimarranno con noi per qualche anno.
E la sharing economy, anche.