Social media e opere d’arte possono andare d’accordo e anzi aprire nuovi mercati ad artisti? Da questa domanda, è iniziata una mia personale esperienza.

Prima di iniziare facciamo però una breve descrizione del mercato di riferimento. I favolosi anni Ottanta, quando in Italia il mercato dell’arte pareva espandersi in una crescita senza fine, ingenuamente influenzato dai record in milioni di dollari stabiliti da ricchi compratori giapponesi, che si aggiudicavano dipinti di Van Gogh o degli impressionisti a cifre da capogiro, sono passati. La crescita si è bruscamente interrotta nel biennio 1991-92 quando le distanze con America e Inghilterra si sono poi accentuate per l’ingresso dei nuovi ricchissimi collezionisti russi, cinesi, arabi, indiani e brasiliani. Giancarlo Politi, direttore di Flash Art, il 7 febbraio di quest’anno ha dichiarato al Corriere della Sera: “Aspettate qualche mese, avrete molte sorprese:- il panorama delle gallerie d’arte cambierà, molte abbandoneranno l’Italia per la fortissima pressione fiscale. Si punisce l’arte con controlli assurdi e un’Iva che è la più punitiva al mondo. I collezionisti sono trattati come naturali evasori e lo stesso vale per i galleristi.”

Fra i principali motivi della crisi va inoltre inclusa la restrizione del credito bancario che ha costretto numerose gallerie d’arte a chiudere i battenti per scarsa liquidità nonostante avessero i magazzini pieni di quadri. Restrizione che ha colpito anche molti collezionisti, negando loro  l’opportunità d’acquisire nuove opere d’arte. Inoltre si è avuta la dispersione forzata di troppe collezioni, con l’eccessiva offerta di opere che ha spesso provocato un ridimensionamento dei prezzi anche per artisti da tempo storicizzati.

In questo contesto e con queste conoscenze inizia la mia esperienza diretta. Da anni seguo con ammirazione l’iter di un carissimo amico alla ricerca di galleristi interessati ai suoi lavori e mi sento di poter dire che non bastano talento e dedizione al lavoro/passione per emergere ed essere scelti, bisogna sapersi vendere perché questo mercato, un tempo d’élite, è ormai saturo di persone, magari senza talento, ma con un temperamento commercialmente funzionante.

E se caratterialmente non si è disposti a valorizzarsi perché magari riservati o introversi o addirittura perché si crede nella meritocrazia?

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Questo è il caso del mio amico Marco Dal Bo, in arte MDB che pur essendo laureato in archeologia con lode ed avere delle qualità artistiche non indifferenti in Italia non ha trovato una risposta positiva né dal punto di vista lavorativo né sul fronte artistico.

Recentemente l’ho accompagnato nella meravigliosa cittá di Napoli dove la disponibiltà delle persone oltre che farci sorridere – non neghiamolo oggi è davvero difficile far sorridere e avere fiducia per noi giovani – ci ha spronato nel continuare la ricerca. Insomma dopo alcuni giorni passati tra una galleria e un vernissage, tra una bottega artigianale a conduzione familiare ed una moltitudine di negozi cinesi, entrambi abbiamo riflettuto sull’essere italiani e l’essere abituati a vivere tra opere d’arte: come tutte le cose, ciò porta sì ad avere lati positivi, come gli stimoli in questo caso, sia lati negativi quali la difficoltà di accettare e rassegnarsi sul fronte lavorativo e a odiare, quasi, il nostro bel Paese.

Perchè dico questo?

Semplice, è l’esperienza da cui traggo le mie modeste conclusioni: sebbene a Napoli il mio amico sia riuscito ad accedere a quel mondo di “conoscenze”, il presentarsi personalmente in una galleria con portfoglio alla mano non è a passo coi tempi. Aggiungete inoltre che, da bravo artista un po’ bohémien, il mio amico non abbia nessun account di nessun social network ma il quasi dimenticato biglietto da visita di cui si sceglie la filigrana. Ecco, quindi giunti al primo motivo per cui mi trovo a scrivere questo post: non appartenere ad un social network può ostacolare l’entrata non solo nel mondo nell’arte (molti concorsi ormai si pubblicizzano e richiedono partecipazione attraverso i social) ma probabilmente anche in molti altri mercati del lavoro per così dire alternativi.

Il secondo motivo è rappresentato dal lieto fine dell’avventura di Marco; tornato da Napoli un po’ stizzito dal dover ammettere il valore dei social media, inizialmente ha creato un account Gmail ed automaticamente Google+ e poi ha cercato una piattaforma che facesse al caso suo, ovvero esporre senza dover interagire, e ha trovato Tumblr . Si tratta infatti di una piattaforma che consente di creare un microblog offrendo sia la piattaforma software che lo spazio web necessario per condividere creazioni, scoperte, esperienze senza la necessità di commentarle. (http://marcodalbo.tumblr.com/).

Il mercato dell’arte ai tempi di internet: l'uso di Tumblr

Dopo queste due operazioni, è passato alla creazione di un flayer che sostituisse il biglietto da visita, racchiudendo in se link, mail e un accenno delle sue opere.

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L’ultimo step è stato stampare varie copie del flayer e darle agli amici che, fortunatamente, viaggiando o vivendo all’estero, hanno sostituito i piccioni viaggiatori di un tempo ed hanno permesso a MDB di essere contattato da un gallerista londinese pochi giorni fa!

Grazie a quest’esperienza oltre ad aver conosciuto un mondo straordinario ed aver capito che l’Italia dovrebbe valorizzarsi di più utilizzando meglio gli strumenti di comunicazione e marketing; ho compreso il ruolo dell’artista. Non basta più affidarsi ad un gallerista che funga da promotore culturale, l’artista stesso deve mettersi in gioco e ricoprire quel ruolo attraverso i social media trasformandosi sempre più in imprenditore di sé stesso.

Di fatto è risaputo che noi siamo gli autori di noi stessi…e oggi anche grazie ai social siamo pure i nostri promotori!