A settembre si torna a scuola. A qualsiasi età.
Quest’anno il ritorno è stato veramente problematico: nella crisi generale, l’istruzione non viene risparmiata. Le prime notizie all’avvio dell’anno scolastico, ci sono arrivate da Save the Children, l’onlus che da 90 anni difende i diritti dei minori in tutto il Mondo. Save the Children è andata nelle scuole per mapparle e stendere il rapporto Il ruolo e le condizioni del sistema educativo italiano: un ritratto della scuola italiana davvero poco rassicurante. I genitori pensano che sia peggiorata per carenza di fondi e sono sempre più chiamati a contribuire al finanziamento dei materiali didattici e delle attività extracurriculari, gli studenti sono insoddisfatti e vittime – a volte inconsapevoli – del precariato dei professori.
No, non penso che queste siano solo percentuali per una sterile polemica. In queste cifre c’è la debolezza di un sistema che non funziona più, che ha visto scelte sbagliate e Ministri improvvisati. Il luogo in cui gli studenti gettano le basi per il loro futuro, non riesce ad averne uno proprio. Già perché il problema della scuola italiana è proprio il domani, o meglio l’incapacità dei suoi dirigenti di saperlo interpretare. Non cambia la scuola italiana, né dentro né fuori! I problemi di oggi, sono gli stessi del 2000, quando ho fatto la maturità io.
La scuola deve trasmettere un sapere, insegnare le varie materie e formare gli studenti, ma soprattutto deve prepararli alla vita, deve insegnar loro a pensare, ad essere critici, deve trasmettere valori. Valori di oggi ma anche di domani.
Ma se questa scuola, il domani non lo vede, non lo capisce, cosa diamine insegna? Lezioni imparate a memoria, commenti alla Divina Commedia triti e ritriti? Non servono a nulla nozioni, letterarie o scientifiche, senza una base umana.
È un compito arduo, povera scuola, povera soprattutto perché per anni è stata il refugium peccatorum di chi non trovava nient’altro da fare, e invece educare è una vocazione. L’insegnamento una missione. E la scuola un luogo di confronto, di crescita, un luogo per capire.
La scuola dovrebbe stare al fianco della famiglia, un passo sotto lo Stato, una sorta di emanazione, e sfruttare la tecnologia, non esserne succube. La scuola è pubblica, è per tutti, è di tutti, così come la realtà che ci appare sempre più complessa, e perciò difficile da spiegare. Infine ci sono anche i problemi definiti tali, a mio avviso secondari rispetto a quanto detto prima: le strutture cadenti, i piani di studio da riformare, gli insegnanti precari, gli stipendi, gli esami, etc. E pensare che qualche anno fa un eccellente ministro passò mesi – creando anche un dibattito senza fine – a insistere sull’importanza del grembiule per i bambini nella scuola elementare.
Naturalmente il problema è generale, dall’infanzia all’Università, dove vetusti professori si farebbero amputare una gamba piuttosto che lasciare la loro cattedra. Ma non pensiate che lo facciano per dedizione alla causa! Ah, il potere di poter bocciare o promuovere, del decidere del destino di qualcuno, senza avere la più pallida idea di quale sia il proprio, del proprio ruolo nel mondo.
Naturalmente il problema è globale, con le dovute eccezioni; oltreoceano ila questione è altrettanto sentita, in particolar modo a livello universitario. Obama ha più volte detto: “andate all’Università altrimenti il vostro destino sarà scritto da qualcun altro”. Si parla di destino, di chi siamo, non di lavoro.
Forse sta davvero finendo l’epoca dell’equazione studio=lavoro, per trasformarsi in studio=cultura. Basta che non si trasformi in un articolo elitario, deve essere la base della società supportata da un’istruzione più tecnica, come per esempio quella dei master. Ne abbiamo parlato molto in queste ultime settimane, un master deve e può essere l’occasione per creare finalmente un collegamento con il mondo del lavoro, passando attraverso la formazione sul campo. La scuola dovrebbe essere la palestra della vita, ma allo stato attuale, tocca proprio dirlo: “che ne sarà di noi?”.
Possiamo fare qualcosa per la scuola? Proviamo tutti insieme a pensarla nel futuro e a mettere in campo proposte concrete? Proviamoci, parliamone qui e parliamone alle aziende, perché la formazione della classe dirigente e dei tecnici di domani è un problema di tutti.