Bambini e social networkNegli ultimi giorni media e blog di settore riportano la notizia della nascita di Twigis,  il social network destinato al pubblico più giovane, frutto della partnership tra RCS e il gruppo israeliano Tweegee. Quello che a prima vista è stato chiamato da alcuni “il Twitter per bambini” non è altro che la versione italiana di Twegee, piattaforma nata nel 2008 in Israele e diffusasi principalmente nei paesi non anglofoni (Russia, Turchia, Brasile e Argentina).

Piattaforma che ha ben poco a che fare con il microblogging di Twitter, ma che ricorda molto da vicino un portale tematico con alcune caratteristiche 2.0, come la possibilità di creare un profilo personale e di condividere contenuti con la propria lista di contatti. A detta di RCS, il nuovo social vuole diventare il punto di riferimento online per la fascia d’età che va dai 6 ai 12 anni, fornendo uno spazio sicuro per le interazioni on line, dove entrare in contatto con giochi, informazioni e contenuti interessanti ed adatti al pubblico più giovane.

Come nei social network dei grandi, i più giovani potranno crearsi un profilo personale (con la supervisione di mamma e papà) in cui postare immagini, sostenere discussioni, creare fumetti animati, tutto condivisibile con gli altri utenti. Una selezione di notizie e di articoli adatti alla giovane età è presentata con l’aiuto di sei personaggi di fantasia che rispecchiano le varie categorie di utenti e guidano gli utenti tra le varie sezioni tematiche: cartoni animati, animali, fumetti, giochi, fai-da-te e sport (soprattutto calcio, visto che siamo in Italia).


Twigis è caratterizzato da un’alta attenzione per la sicurezza: privacy e informazioni personali sono protette e amministrate da moderatori adulti, i quali si controllano anche manualmente quanto condiviso all’interno del social network, che vanta addirittura la collaborazione con la Polizia Postale per individuare ed eliminare i profili sospetti.

Twigis sfrutta appieno i punti deboli di entrambi i soggetti coinvolti nella fase di approccio al web dei piccoli utenti italiani (e non solo). Da un lato punta a neutralizzare quegli aspetti che solitamente costituiscono lo spauracchio del genitore medio alle prese con la socializzazione sui social: contenuti privi di riferimenti a sesso e violenza, con la possibilità di controllare continuamente cosa i figli condividono e con chi. Dall’altro lato cerca di fornire ai bambini tutta una serie di contenuti accattivanti: giochi, video, approfondimenti e interazioni con i propri amici, ovvero i motivi principali dietro alle prime esperienze sul web delle fasce più giovani.

La domanda da porsi, in questo momento, è se un servizio sicuramente interessante riuscirà a sopravvivere in termini economici. Nel mondo dei media, anche quelli digitali, se non si concedono i propri contenuti a pagamento è il caso di predisporre una sistema di raccolta pubblicitaria che possa rendere redditizio il servizio. Twigis vive degli introiti portati dalle sponsorizzazioni, in genere limitate a poche, illustri e mirate partnership (Ikea, Lego, Walt Disney…) che permettono di mantenere i contenuti del tutto gratuiti. Su Twigis non ci saranno banner e inserzioni a pagamento, perché Tweegee ha aderito al Coppa (Children’s Online Privacy Protection Act), legge USA che obbliga a non tracciare gli utenti fino ai 12 anni e a non destinare loro alcun tipo di pubblicità mirata.

Sarà davvero possibile offrire servizi e contenuti gratuiti e di qualità sul web, senza utilizzare sistemi di tracciatura e inserzioni? Le dichiarazioni di Enrico Filì, responsabile Rcs Digital Ventures, sembrano quasi rispondere a questo quesito: “Il business model è quello del social media marketing che prevede la sponsorizzazione dei contenuti e l’interazione continua con gli utenti. Il vantaggio per gli advertiser è quello di raggiungere la loro audience concentrata in un unico posto, nel momento in cui è maggiormente predisposta a interagire con i brand”.

È possibile che quindi, in futuro, le sponsorizzazioni si possano aprire anche forme diverse dalle partnership con i grandi big che si rivolgono al target dei teen? Magari a banner e inserzioni pay-per-click? Staremo a vedere gli sviluppi futuri, anche in termini di successo, del “social network per bambini”.