D’estate – illudendomi di avere più tempo – mi dedico a romanzi “grossi come mattoni” oppure a saggi ponderosi che nelle lunghe notti invernali mi farebbero prendere sonno molto prima di un programma televisivo.
Quest’anno ho incontrato un volume pubblicato da Adelphi: “La storia del mondo in 100 oggetti”. Un agile volumetto di 700 pagine. Difficile leggerlo a letto.
Il libro è la trasposizione di un programma radiofonico, realizzato dalla BBC in collaborazione con il British Museum. La sfida è nel titolo, raccontare il mondo in 100 oggetti. Una piccola pillola di quindici minuti che descrive un oggetto e la storia che porta con sé, perché in fondo come dice MacGregor, direttore del British Museum, un museo non è altro che la Storia raccontata attraverso gli oggetti.
Ne è nata una trasmissione di grande successo e ora un libro davvero affascinante.
Si comincia con la piccola punta di un’ascia scalfita nella selce da un nostro progenitore, arrivando sino a una carta di credito araba. Leggendo le varie sezioni del libro e gli oggetti descritti, si percorrono migliaia di chilometri in un un viaggio iniziato milioni di anni fa in Africa – dov’è comparso l’uomo -fino a giungere ai tempi nostri. Si torna a casa con la sensazione che gli oggetti non siano solo dimensioni fisiche e caratteristiche tecniche ma che portino con sé storia, valore, cambiamento e innovazione.
Il terzo oggetto raccontato nel libro è un’opera artisitica.
Un osso di mammut sul quale sono state scolpite due renne che nuotano. È, senza dubbio, un oggetto incantevole, etnico diremmo oggi, ma se cominciamo a pensare da chi è stato fatto e con quali strumenti, ne capiamo il fascino, oltre che l’importanza storica. È il lavoro molto scrupoloso di un “uomo” vissuto 50 mila anni fa che oltre, agli istinti primordiali di difesa, caccia e procreazione, nelle lunghe notti invernali, iniziò ad avere un’altra necessità: estetica, artistica oltre che utilitaristica. L’oggetto racconta la voglia di rappresentare il mondo con una propria visione; testimonia un cambiamento rispetto a un predecessore che forse era più animale che uomo; testimonia un cambiamento nella testa, uno sviluppo, forse un vedere differente.
Nell’ultimo anno abbiamo incontrato moltissime aziende con una storia. Molto spesso questa storia è racchiusa in polverosi armadi. Aprendo questi armadi, le aziende si sono raccontate attraverso i loro prodotti, e in quegli oggetti noi abbiamo visto non solo il loro passato, ma anche il cambiamento estetico e culturale a cui tutti siamo stati soggetti.
Loro vedevano solo il passato, qualcosa che non aveva più valore se non personale e, di questi oggetti non sapevano bene che farsene.
Invece quegli oggetti sono una parte utile di uno storytelling.
In un mondo che diventa sempre più virtuale, il valore dell’oggetto, della soluzione ingegnosa che l’oggetto rappresenta per un’azienda, ha forte valore comunicativo. Ogni azienda dovrebbe avere il proprio museo, ovvero la propria storia raccontata con gli oggetti.
Cosa farne quindi dopo averli spolverati?
1. Decidi l’obbiettivo. Banalmente decidere cosa farne e a cosa possono essere utili? Gli obbiettivi possono essere interni, come il creare identità, ritrovare motivazione, oppure esterni come un nuovo posizionamento sul mercato o diffondere cultura sul prodotto.
2. Raccogli e scegli. Non tutto il materiale è utile ed efficace all’obbiettivo. Ma se gli obbiettivi sono chiari sarà facile fare la scelta.
3. Scegli il giusto mezzo. A seconda del tipo di materiale e della strategia è necessario scegliere il giusto mezzo per permettere agli altri di venirci a trovare: blog, pubblicazione, evento? Il giusto mezzo che comunichi al meglio il valore del percorso che abbiamo costruito.
4. Racconta le persone. Dietro ogni oggetto, soluzione o innovazione c’è una o più teste pensanti. Racconta attraverso il tuo museo personale i collaboratori, il fondatore. Racconta le persone perché sono sempre loro che fanno la differenza.
5. Ogni storia è fatta di piccole storie. La linea narrativa di un’azienda che sembra unica e lineare è costruita di piccole unità. La storia è come una collana di perle, ogni piccolo aneddoto è la perla in sé bella indipendentemente dalla collana. Ricorda sempre di presentare al meglio ogni singolo frammento della tua storia perché è l’insieme di cose belle che rende bello l’insieme.
Perché vi ho raccontato di un osso di mammut e di un uomo vissuto 50 mila anni fa? Perché in quell’oggetto si unisce per la prima volta, forse, il valore tecnologico e quello culturale. L’aspetto tecnologico rimanda al saper fare e a un certo modo di costruire, di pensare, ovvero alla categoria dell’utile. L’aspetto culturale invece è la trasmissione di valori e visione del mondo. Troppo spesso dimentichiamo che la tecnologia è anche cultura, cioè che gli strumenti che inventiamo per aiutarci nel mondo non sono mai privi di una visione del mondo stesso.
Ogni oggetto, oltre al suo uso e scopo, è anche parte di un messaggio culturale perché influenzato da tutto quello che sta attorno a noi. Senza questo aspetto rischiamo che i nostri prodotti rimangano neutri.