Un nuovo autore si presenta tra le fila di [4]Marketing: si chiama Laura De Tuoni e nel suo post tratta di internazionalizzazione, Made in Italy e PMI.

Servono nuove strategie concorrenziali efficaci sulla scena globaleEntrare nel mare magnum della competizione globale, come è noto, costituisce oggi per la piccola e media impresa italiana una scelta obbligata, che mette in gioco la sua stessa sopravvivenza.

La scena internazionale, profondamente mutata negli equilibri e nelle interconnessioni politico-economiche fra i suoi protagonisti, confonde per la sua indeterminatezza. I mercati hanno inconsistenti limiti spaziali e si avviluppano in una fittissima rete di integrazioni.

Il mondo sembra essere diventato piccolo e fin troppo vicino!

In troppi settori la domanda nazionale è in forte contrazione, la concorrenza si fa sempre più accesa, e la possibilità che nuovi attori entrino a far parte della competizione è sempre più consistente.

In un simile contesto, le aziende che non affrontano adeguatamente la sfida dell’internazionalizzazione rischiano di venire schiacciate in un futuro non troppo lontano.

La sopravvivenza delle nostre imprese piccole e medie non dipende solo dalla decisione di uscire dai confini nazionali, peraltro già avvenuta nella maggior parte dei casi nel precedente ventennio, ma dall’individuazione di nuove strategie concorrenziali efficaci sulla scena globale.

Alcune delle trascorse abitudini d’impresa – è oramai chiaro a tutti – si sono rivelate in tutta la loro debolezza: pensiamo alla concorrenza basata sul prezzo, o agli approcci al mercato di tipo puramente opportunistico o reattivo. Guardiamo, ad esempio, alle vendite di prodotti obsoleti in mercati meno sviluppati o agli affari occasionali nati su richiesta di qualche cliente straniero: modalità che nel tempo si sono dimostrate inefficaci o di corto respiro.

Quello che i grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni rendono invece più difficile da individuare è che cosa realmente funzioni. Esistono delle modalità di accesso alla competizione internazionale più vincenti di altre?

Non è facile rispondere ad un simile interrogativo. Esiste però una buona notizia: molte delle nostre PMI possiedono qualità indispensabili per la sfida globale. Doti insostituibili quali la capacità di innovare, la specializzazione di prodotto, la creatività, la flessibilità e la capacità di creare relazioni possono, se ben convogliate, trarre in salvo la nave in tempesta della loro economia.

Internazionalizzazione: scelta ineludibileUna considerazione ulteriore: se si può correttamente parlare di un mercato globale, non esiste però un consumatore globale. La contaminazione internazionale non porta necessariamente ad una semplificazione. Siamo anzi in presenza di un’offerta sempre più varia, e di una segmentazione dei mercati complessa, dove non mancano nicchie di consumo ristrette e diversificate, talvolta legate a specifiche esigenze locali.

Cosa manca dunque alle nostre PMI? E cosa serve?

Per giocare in questa competizione è necessario conoscere i propri vantaggi, mettendo in campo il proprio valore distintivo, calibrato su ciascuno dei segmenti di mercato che vogliamo raggiungere. La prima riflessione da fare è quindi su noi stessi e sulla nostra “essenza”: quale offerta originale la nostra azienda può proporre ad ogni distinto target di clienti?

Bisognerà anche saper superare il concetto di prodotto fisico, per rispondere alle esigenze di un consumatore che dà sempre più valore alle componenti intangibili, ai significati e alle emozioni che la nostra proposta veicola. Rullani e Micelli sostengono che la componente immateriale dei prodotti delle aziende nostrane non è più derogabile solo e soltanto al “Made In Italy”. Oggi le persone, più che cercare prodotti, cercano soluzioni innovative e creative, capaci di migliorare la loro esperienza d’uso e più in generale la loro qualità di vita.

La complessità culturale la sfida dell'internazionalizzazione

La partita si gioca poi sul piano della complessità culturale. L’azienda è infatti chiamata a dialogare e relazionarsi con linguaggi e stili diversi. La multiculturalità non dipende solo dal paese, ma anche dal segmento di mercato, o dalla “tribù” – ossia dalle collettività di consumatori accumunati da interessi, passioni, stili di consumo che potremmo definire “subculture”, o “culture nelle culture” – cui ci si rivolge.

Otterrà una posizione di vantaggio anche chi avrà l’abilità strategica di ascoltare ed interagire abitualmente con questi segmenti/comunità di clienti attraverso i nuovi media. Si tratta di adottare il loro linguaggio, di captare e rispondere in modo innovativo alle loro mutevoli esigenze e, attraverso l’interazione, di sviluppare fiducia nella nostra azienda e condivisione con i significati che esprime.

Un maggior coinvolgimento nella variegata e dinamica competizione internazionale può rafforzare le nostre PMI sotto molteplici punti di vista, non ultimo quello del “fare marketing”. Può accrescere le loro capacità di analisi e comprensione del contesto e della domanda, affinare la loro abilità di guardare con il punto di vista del consumatore, potenziare le doti di creatività ed innovazione e renderle maggiormente flessibili al cambiamento.

Ecco i passi che una Pmi che vuole aprirsi all’estero dovrebbe quindi fare:

  1. Capire quali caratteristiche rendono unico il suo prodotto ed a che consumatore si rivolge;
  2. Individuare con quali altri prodotti o servizi può dialogare ed integrarsi nell’ottica di fornire una nuova e migliore soluzione di consumo;
  3. Intercettare le filiere ed i contesti di esperienza dove inserirsi;
  4. Ricercare e dare una collocazione geografica alle “culture” alle quali comunicare la sua unicità;
  5. Valutare questi potenziali segmenti di mercato rispetto al rapporto appetibilità/accessibilità;
  6. Fare propri i linguaggi ed avvicinarsi agli stili di vita dei potenziali consumatori;
  7. Identificare i media dove i consumatori passano il tempo per approfondire i loro punti di vista ed attivare un dialogo.