Teoria e pratica dell'impresa socialeParlare oggi di “impresa sociale” per molti può suonare come un vero e proprio ossimoro. Per l’opinione pubblica generale, infatti, un’impresa propriamente detta – qui intesa strettamente come società di persone o di capitali – certamente può anche essere sociale, a patto che sia prima assicurato l’obiettivo del profitto per i soci.

Come dire: prima il profitto e poi, solo “se avanza qualcosa”, investimenti mirati in attività sociali che comunque devono avere un ritorno d’immagine positivo per il brand. E’ il cause related marketing; sono le tante Fondazioni d’Impresa; è il fenomeno della Corporate Social Responsability. E’ il classico storytelling degli anni ’90 e 2000, diciamo – semplificando con l’accetta – fino all’inizio della crisi del 2008. Fa ancora presa nell’immaginario collettivo? E’ ancora una conversazione credibile?


Sono le entusiasmanti foto(lia) di persone sorridenti e motivate, foto che rimbalzano sugli annual report, rigorosamente stampati su carta FSC. Quante copie ne sono rimaste?

E’ del 2006 una legge italiana sull’impresa sociale e diverse sono le esperienze già attivate oggi da forme miste, forse meno ortodosse ma non per questo meno efficaci, di imprese che hanno ad oggetto “la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale e di interesse generale” (definizione di impresa sociale ex l. 155/ 2006). In questo quadro, in Italia, le tante associazioni e cooperative giocano un ruolo di primo piano.

Negli Stati Uniti è nato di recente addirittura un bollino etico come vera e propria forma di certificazione e accreditamento sul mercato. E pare già un gran bel business.

Per i millennials più alternativi, [provare a] fare gli imprenditori sociali a-la-Yunus è l’ultima frontiera per essere definitivamente cool, una volta per tutte.

Fare impresa sociale: si può o è un sogno?

Vista quindi l’attualità e l’urgenza di approfondire nuove possibili forme emergenti di impresa (preferisco decisamente questo termine al più blasonato “start-up”), all’interno di 4Marketing cercheremo di attivare insieme una conversazione dove nessuno ha ragione o ha torto, ma tutti portano esperienze concrete e soprattutto uno spirito costruttivo e non semplicemente di demolizione acritica dell’esistente. Il fulcro della rubrica vuole essere il rapporto tra teoria e pratica, propaganda e concretezza nelle nuove forme di impresa sociale.

Fare impresa sociale: un'opportunità per i millenians?

Partiamo allora da una domanda tanto semplice quanto doverosa: può esistere, oltre la retorica, un’impresa che sia veramente (non anche, ma in primis) “sociale” o l’impresa deve limitarsi a perseguire il profitto (e da questo, a cascata, verranno a crearsi naturalmente dei benefici per il contesto socio-economico in cui l’impresa è inserita)?

Vuoi vedere che aveva ragione quel professore che all’università mi diceva che l’impresa nasce per soddisfare un bisogno? Finita la golden age non è che forse sia il caso di tornare alle basi e pensare quale bisogno possa soddisfare la mia impresa? E se facendo questo perseguissi un obiettivo etico, ecologico e/o sociale… toh tante parole, marchi bollettini e idee e forse l’impresa sociale c’è sempre stata? Basta solo farla, più teorizzarla!