gingerinoIl valore di un determinato bene dipende anche dall’uso che se ne fa!

Può sembrare una banalità macroscopica (ho sempre voluto usare questo termine da qualche parte) ma se leghiamo il concetto di esperienza, di uso, con quello di comunità, non sembra più tanto banale, soprattutto in termini di valore aggiunto.

È chiaro, naturalmente, che dipende dal tipo di bene e dall’adattabilità che questo può avere al concetto di esperienza. Una vite autofilettante per quanto bella possa essere e per quanto possa essere realizzata in un materiale super tecnologico sempre una vite rimane e l’esperienza d’uso è pressoché identica in ogni situazione.

Se però ci riferiamo ad altri tipi di “oggetti”, ecco che la situazione cambia. Partiamo con un esempio banale: un aperitivo in piazza cambia il proprio significato e il proprio valore a seconda di dove è situata la piazza, della compagnia con la quale lo si beve e del contesto nel quale si verifica l’esperienza di consumo. Ecco allora che un “gingerino” preso di fretta, magari dopo un incontro di lavoro con degli sconosciuti, nel primo bar incrociato, può essere valutato 1 euro mentre lo stesso gingerino, uguale per caratteristiche fisiche, assume un valore diverso se preso in compagnia di persone speciali, magari in una location d’eccezione, come potrebbe essere piazza San Marco a Venezia, assumendo un valore percepito valutabile in decine di euro.

Proviamo quindi ad entrare in un campo a me più familiare, usciamo da una logica di valore monetario a favore della logica di valore attribuito. Parliamo di videogiochi, si ho quasi 30 anni e ancora mi diverto con queste diavolerie!

Ci sono diversi step di valutazione che portano all’acquisto di un gioco rispetto ad un altro. Naturalmente il primo è essenzialmente materiale: grafica e giocabilità hanno un ruolo fondamentale nella scelta. Bisogna  dire però che ormai i diversi titoli si somigliano molto e differiscono l’uno dall’altro solo per delle sfumature. Ecco quindi che l’esperienza di gioco ma soprattutto la comunità, locale o globale che sia, assumono un ruolo fondamentale per l’assegnazione del valore a un determinato titolo.

Perché dal 2003 ogni settembre faccio la fila per accaparrarmi in anteprima Call of Duty, lo “sparatutto” d’ordinanza? La risposta è semplice ma non per forza immediata. Certo graficamente è uno dei top game che il mercato offre ma quello che mi fa propendere per questo piuttosto che per altri titoli, è l’esperienza di gioco, la comunità di giocatori che ho trovato e che mi sono creato negli anni.

Quella dell’esperienza comunitaria è un’altra sfaccettatura della creazione di valore attraverso i gruppi di consumo, che spesso viene tralasciata a discapito dell’influenza su altri utenti o dell’accrescimento del valore del marchio. In realtà, seppur in una società volatile e supertecnica come quella contemporanea, i rapporti “personali” ed “esperienziali” giocano ancora un ruolo fondamentale per quelle che sono le tendenze nelle scelte di consumo. Tralasciare questi profili, magari per puntare su un prodotto superiore per caratteristiche tecniche, spesso può rivelarsi una mossa errata che non ripaga appieno gli investimenti compiuti.

Ok, il gingerino così come i videogiochi sono solo degli esempi, ma ci suggeriscono l’importanza del gaming come strumento di marketing operativo. I concorsi, le raccolte punti sono metodi collaudati per creare comunità, per fidelizzare, per accentuare il valore percepito dei prodotti. La nuova frontiera sarà il web gaming?