qualità di un gruppoIl 24 marzo 1241 Cracovia venne saccheggiata e incendiata.

I Mongoli, un popolo sconosciuto e forse nemmeno umano, erano arrivati in Europa.

Proseguirono nel resto del continente ridicolizzando la migliore cavalleria del tempo. All’improvviso poi, com’erano comparsi, sparirorono.

Nessuno lo sapeva ma, dall’altra parte del globo sotto una tenda, il loro capo, imperatore e fratello stava per morire.

In Europa rimase la sensazione della scampata distruzione e di un’ombra nera che sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro; ombra che percepiamo tutte le volte che, dietro un muro, guardiamogli altri, quelli fuori, come barbari. Gente sporca, ignorante e violenta. Mai come noi.

Nel 1200, in Europa, si sapeva pochissimo di quella terra sconfinata chiamata Asia o Terra Iscura. C’erano solo pochi racconti di mercanti o frati che partivano per compiere viaggi di venti o trent’anni; gli unici forse ad avere buone motivazioni.

L’Asia, al tempo, era un immenso oceano di spazio; le onde erano tribù nomadi che potevano cozzare le une contro le altre o unirsi e diventare, per un breve periodo, enormi ondate per poi sfaldarsi sul primo scoglio incontrato.

Ma quel marzo del 1241 arrivò in Europa una compagine disciplinata, agile e veloce.

Cos’era successo a quelle onde di briganti che vivevano di sciacallaggio e di qualche commercio con gli odiati cinesi?

Era comparso un uomo chiamato Temugin poi conosciuto come Gengis Khan.

Come riuscì un solo uomo a trasformare alcune tribù, che fino al giorno prima si sgozzavano per un montone, nel più forte, organizzato e temuto esercito del mondo?

1. Leadership – autorevolezza prima che autorità

Si racconta, in più fonti, che il generale migliore di Gengis Khan fu l’unico nemico che riuscì a colpirlo con una freccia da una lunga distanza. Il condottiero mongolo lo inseguì, lo catturò e riconoscendone l’abilità preziosa lo pose al proprio fianco. Tutti i suoi generali erano scelti in base al valore e mai secondo dinastia. Lui stesso si conquistò la stima e la fiducia dei propri uomini sul campo. Riconosceva il valore e lo premiava avendone così in cambio una lealtà totale.

Siamo capaci di riconoscere il valore delle persone? Siamo capaci di essere persone degne di fiducia?

2. Disciplina e intelligenza emotiva

Ancor prima di diventare Khan (imperatore) sapeva che avrebbe dovuto dare ordine a quest’oceano impazzito di nomadi fieri, rissosi e poco inclini alle regole. Seguendo la loro natura costruì la disciplina sull’unico terreno dov’erano capaci d’intendersi: il campo di battaglia. Nei momenti di pausa, tra una campagna di conquista e l’altra, li faceva “giocare alla guerra” per affinare le sue raffinate tecniche di combattimento e tenerli pronti. Non avrebbe mai potuto farli sedere ad ascoltare un monaco buddista. La guerra, vera o fittizia che fosse, portò al risultato sperato: ordine, disciplina e energia canalizzata senza inutili sprechi di sangue. Da qui nacque la Pax mongolica che permise la Via della Seta, una vera e propria “globalizzazione” non solo del mercato, ma anche delle idee.

Siamo capaci di comprendere i nostri uomini? Siamo capaci di costruire mediante le loro qualità?

3. Learning e cooperazione

Nella sua vita si scontrò con alcune delle più grandi civiltà e seppe riconoscerne qualità e, soprattutto, limiti.

A est quella cinese: arrivato a Pechino, enorme città fortificata, era consapevole che non sarebbe mai riuscito a espugnarla. I suoi uomini erano gente da corsa nella steppa e non da assedio. Aspettò, girando attorno alla città per giorni. L’impero cinese si fece avanti per un accordo. Lui non distrusse nulla, ma portò con sè un monaco buddista.

A ovest quella araba. Quando incontrò l’ingegneria idraulica araba avrebbe potuto lasciar perdere, in fondo, a lui nomade della steppa, non sarebbe servito a nulla costruire canali per l’irrigazione. Invece imparò e la usò come metodo di guerra e distruzione. Distruggeva e conquistava, ma soprattutto acquisiva cultura.

Siamo capaci d’imparare dai nostri concorrenti? Siamo capaci, per una volta, di dire senza paura: insegnami la tua idea?

4. Storytelling

Durante la sua conquista dell’intero continente asiatico, a un certo punto, cominciò a combattere pochissimo. Le città si arrendevano ancor prima che arrivasse. Perché? Dopo ogni battaglia appositamente lasciava qualcuno vivo e libero. Sembrava un gesto magnanimo, invece il fortunato diveniva portatore del terrore spargendolo di città in città, cercando di correre il più lontano possibile. Avvertendo tutti di ciò che aveva visto. Era un solo racconto, ma utilissimo.

Siamo capaci di raccontare ciò che facciamo? Siamo capaci di coinvolgere e trasformare un cliente in un nostro alleato?

Esistono qualità, che in dati momenti storici fanno fare all’umanità delle capriole evolutive, ma se guardiamo con attenzione sono sempre qualità semplicemente umane, dimenticando, spesso, che tutti noi potremmo essere grandi condottieri, ogni giorno.

E il monaco buddista? Gengis Khan aveva capito che un popolo senza scrittura e leggi sarebbe stato destinato a scomparire come polvere nel deserto. Prima istruì i propri generali e, con il loro aiuto, redasse il primo codice di leggi scritte. Come fosse un manifesto condiviso. Indubbiamente lungimirante.