Questo post nasce da una collaborazione, in fase di idea e realizzazione, con Andrea Ganzaroli.
Da tempo abbiamo ormai metabolizzato il fatto che esserci in rete non basti, la presenza sul web non è parte degli aspetti operativi della nostra strategia ma è più che mai parte fondante della strategia stessa. Dunque partiamo dal presupposto che è necessario farsi trovare e soprattutto farsi notare.
C’è stato un tempo in cui la presenza sul web significava creare tanta informazione, non si sa bene destinata a chi, ma crearla, replicarla su più pagine per ribadire il concetto e cercare disperatamente un modo per farsi linkare da altri siti, anche a costo di dover pagare. Quando però è emerso che per l’utente i contenuti replicati non erano interessanti e le ricerche che rimandavano a siti con contenuti di scarsa qualità non erano apprezzati, allora arrivò Google Panda.
C’è stato poi un tempo in cui le formule di SEO venivano inserite in modo ostinato, esagerato, abusando delle pratiche di ottimizzazione dei codici. E si parlava addirittura di link spamming.
Poi è arrivato Google Penguin.
A questo punto ci si è chiesto quale fosse la strategia migliore da intraprendere per garantirsi a lungo termine un buon posizionamento nei motori di ricerca, al di là dei tecnicismi che, come la storia insegna, sono soggetti a più modifiche nel corso del tempo. Consideriamo il denominatore comune che Google ha mantenuto nelle successive modifiche del suo algoritmo: l’esperienza d’uso dell’utente. L’esperienza d’uso è una determinante data da più variabili, sia di tipo qualitativo che di tipo quantitativo. In maniera particolare soffermiamoci su aspetti meno statistici e più qualitativi. Sebbene si possano considerare diversi fattori che influiscono, riteniamo che da uno possano poi dipendere consequenzialmente gli altri: il contenuto.
Content is the king, ha giustamente affermato Google. Il contenuto rilevante, di qualità e prodotto con una certa frequenza permette di guadagnare in termini di visibilità e brand. Possiamo tranquillamente affermare, date le logiche di Google analizzate precedentemente, che la prima vera ottimizzazione da mettere in atto sul proprio sito sia la strategia di contenuti.
La strategia di contenuti possiamo pensarla con due anime, quella dei contenuti cosiddetti istituzionali, che raramente necessiteranno di modifiche e quella dei contenuti “descrittivi” dei nostri prodotti/servizi che auspicabilmente dovremo preoccuparci di rinnovare. Sorge una domanda, è sempre possibile produrre contenuti sul proprio prodotto?
La maggioranza delle aziende, quando parla del proprio prodotto, si limita a dirci che cos’è e quali sono le sue principali caratteristiche tecniche. Il risultato sono delle pagine prodotti, che poco si differenziano da quelle delle directory. È vero, con tutta probabilità, il Pinguino di Google non ci penalizzerà, ma, allo stesso modo, non ci premierà. Se l’obiettivo è aumentare la visibilità del nostro sito su Google, è necessario cambiare strategia.
In primo luogo, l’obiettivo dell’impresa non dev’essere più promuovere i propri prodotti, ma fornire consulenza al cliente nella scelta di questi prodotti. Ovvero: l’obiettivo è educare il cliente all’acquisto. Mi è stato detto che questo può significare orientare il cliente verso l’acquisto di prodotti della concorrenza. Ebbene si! Ma cosa c’è di meglio di un impresa che ti dice che, nello specifico caso, il prodotto del competitor è migliore. Ha conquistato la mia fiducia per il futuro e quando mi dirà che il suo prodotto è migliore, le crederò. Focalizzarsi sull’educazione piuttosto che sul prodotto in sé, consente di produrre un quantità di manuali, tutorial e test, che altrimenti avrebbero poco senso.
In secondo luogo, dobbiamo tenere conto che i nostri clienti non sono tanto interessati al prodotto, ma a cosa ci possono fare con il prodotto. Ecco, possiamo raccontare l’uso del prodotto in diversi contesti. In questo, il caso di five fingers, è un esempio di come si possono ingaggiare i clienti nella produzione di contenuti, spostando l’attenzione dal prodotto al suo significato. Dobbiamo uscire dalle logiche di vendita e promozione e metterci nei panni del destinatario del nostro messaggio, chiedendoci quali informazioni possono essere utili non solo per chi deve conoscere il nostro prodotto/servizio, ma anche per chi l’ha già conosciuto o per chi vuole consigliarlo.
In terzo luogo, dobbiamo imparare a co-produrre contenuti con i nostri partner. Se io produco un sistema di protezione contro i danni da sovratensione, è improbabile che abbia molto da raccontare sul mio prodotto, ma se comincio a spiegarne l’uso in diversi ambiti, ecco che le occasioni di racconto si moltiplicano. Se lo descrivo come parte di un sistema fotovoltaico, lo posso spiegare al cliente , all’installatore, al progettista. E il produttore di pannelli fotovoltaici lo può raccontare in relazione al proprio prodotto. Tutto questo contribuisce a costruire link di valore che il Pinguino di Google premia. Per fare ciò, ancora una volta, trascendiamo dallo stretto ambito del web marketing, ma parliamo di strategia, rete e partnership.
Scrivere contenuti è certo un’attività che richiede strategia e risorse in termini di tempo e riflessioni, tuttavia è quello che può darci un plus in termini sia di visibilità e posizionamento sia della nostra identità online.