Viviamo tempi bipolari, sempre spinti dall’una o dall’altra parte della barricata. Destra-Sinistra, Imprenditori-Dipendenti, Credenti-Laici sono solo alcune delle tante dicotomie in cui l’attuale paradigma socio-economico vorrebbe incasellarci, cullarci dolcemente e rimboccarci le coperte. Gli uni contro gli altri. Come dire: ti dico io chi sei, qual è la tua identità, chi è il tuo nemico. Non ti fare troppe domande, non indagare dentro e fuori di te sulla tua vera vocazione, la tua missione, il senso profondo di quello che vivi da quando ti svegli la mattina a quando vai a letto. Non ti preoccupare, va tutto bene. Panem et circenses, fino ad esaurimento scorte.
Oggi tali riduttive dicotomie novecentesche, sotto i colpi di una crisi che è prima di tutto valoriale e solo dopo economica, stanno lentamente ma inesorabilmente saltando. Quelle che prima erano forme di pensiero naif, non-ufficiale, relegate ai margini del dibattito stanno oggi assumendo una valenza maggiore alla luce di fatti concreti che scuotono le coscienze e impongono una riflessione più approfondita. Fatti purtroppo duri e infelici.
Pensiamo ai tanti casi di imprenditori, gli unici veri motori di crescita e sviluppo in una comunità umana, che si sono tolti la vita a causa di conti non pagati, crediti non più esigibili, tempi ulteriormente allargati di pagamento da parte della committenza pubblica, vergogna nel non poter più pagare lo stipendio ai collaboratori di una vita. Quando capita a qualcuno che conoscevi, ti rendi conto che questa crisi sta attaccando frontalmente un modello di sviluppo bulimico che non funziona più.
Non funziona e non crea benessere l’affannarsi per il profitto ad ogni costo. Non funziona allo stesso modo un sociale duro-e-puro che era il sottoprodotto del sistema: con una mano spremo il limone, con l’altra accarezzo e rincuoro il limone spremuto e gli dico che andrà tutto bene, che può redimersi e sentire che “sta cambiando il mondo” facendo il volontario in una qualche associazione o parrocchia. Altra contraddizione, come quelli che prima si abbuffano e poi vanno in palestra: ma non potevi mangiare meno e meglio, e fare un po’ di normale attività fisica? Ma la normalità è sbagliata, è da mediocri.
Non funziona più l’individualismo di tanta imprenditoria del “fasso-tutto-mi” così come l’utopia e il caramello del “vogliamoci-tutti-bene”. Adesso non puoi più stare solo da una parte o dall’altra, devi cercare una sintesi personale e coerente con i tuoi valori. Non ti viene offerta, la devi cercare. E non siamo abituati a cercare.
Oggi secondo me funziona il porsi domande invece che scegliere da che parte stare, il dubbio invece che la certezza, il sapersi accontentare invece che il voler sempre di più per il puro gusto di vincere sugli altri. Se anche fossero approcci giusti, non sono più strade percorribili nel nuovo contesto socio-economico in cui siamo entrati. Prima la smetteremo di essere una categoria contro l’altra, da una parte o dall’altra della barricata, meglio sarà per il futuro delle nostre comunità. Lo dobbiamo anche solo per intimo rispetto di chi non ha retto il peso psicologico di un cambiamento così forte. Per ricostruire il vero capitale di una società, quello umano prima che economico.