Teambuilding e benessere sul posto di lavoro. Un bene o un male?

Il problema della rabbia e stress sul luogo di lavoro è un problema sempre stato presente e sempre più diffuso, ed è causa di azioni talvolta eticamente e lavorativamente scorrette da parte dei dipendenti dell’azienda.

Spesso si dà per scontato che queste forti emozioni nel settore lavorativo siano sotto il controllo dell’individuo stesso, il quale ha la responsabilità di gestirle nei modi più appropriati ed efficaci.
In realtà, la sfera emotiva interagisce fortemente con quella razionale e normativa e da essa dipende la scelta del corso d’azione intrapreso dalle persone.

Già dagli anni ’30 gli psicologi del lavoro avevano capito che non si può cercare di incrementare la produttività trascurando la qualità delle relazioni umane nell’ambiente di lavoro. Elton Mayo, noto psicologo e docente alla Harvard Graduate School of Business, rilevò attraverso diversi studi che lo sviluppo di un forte senso di gruppo aumentava la produttività, e riduceva il turn-over stesso.
Sempre più si era fatta strada l’idea che le organizzazioni aziendali funzionino bene se il personale, a qualsiasi livello, sta bene assieme, si sente partecipe, ha il morale alto ed è soddisfatto di ciò che fa sul posto di lavoro. Insomma, il gruppo coeso appariva la ricetta migliore per incrementare al tempo stesso benessere e produttività.

N. Doherty e S. Tyson in “Mental well-being in the workplace” affermano che vi è una mancata presa di coscienza da parte delle imprese della necessità di prendersi carico non solo del benessere nel senso fisico dell’ambiente di lavoro, ma anche di quello che riguarda la sfera psicologica.
Dietro le azioni delle persone risiedono emozioni diverse e i contesti organizzativi agiscono come contenitori razionali di ansie, paure, odi e desideri.

Il senso di benessere, soddisfazione e serenità che accompagna l’esperienza di coesione ha ricadute positive non solo sul gruppo, ma anche sui singoli. Nello svolgimento di attività lavorative il rendimento è superiore se il morale è alto, si crede in ciò che si fa, c’è fiducia reciproca, è possibile confrontarsi e criticarsi in tutta tranquillità e ciascuno sa che in caso di bisogno gli altri lo aiuteranno.

Si può quindi concludere che il principale obiettivo di gestione del personale e comunicazione interna  è un continuo sviluppo del teambuilding?

Beh, non esattamente. La coesione sul posto di lavoro è un enorme vantaggio, ma ha anche dei fattori negativi, i quali interessano sia il rendimento di gruppo, che può calare, sia lo stato del singolo, che può vedere la propria individualità schiacciata dal gruppo.

Tra i principali danni di una forte coesione vi è  la beata improduttività, che si verifica quando le persone si compiacciono troppo di lavorare insieme. In tal caso, bassi rendimenti, obiettivi mancati e insuccessi vengono tollerati e accettati più facilmente perché ci si sostiene a vicenda e si costruiscono assieme giustificazioni.
Anche una forte mentalità di gruppo può portare a risultati negativi, favorendo lo sviluppo di un pensiero condiviso portato avanti ciecamente e chiuso alle critiche, che può fuorviare e sfociare in gravi errori di giudizio o decisioni disastrose. In tal caso, l’esigenza di consenso prende il sopravvento sulla ricerca dell’obiettività.

Le persone che fanno parte di un gruppo coeso tendono a vedere le cose in modo simile e sono portate a trascurare modi di vedere alternativi, evitando di cercare confronti esterni. Insomma, scambiano il loro consenso per la riprova che le cose stanno proprio così.
Nei contesti più gravi i membri di un gruppo troppo coeso possono addirittura giungere all’estraniazione, perdendo il senso dell’appartenenza alla società più ampia. Sono individui molto integrati in quel gruppo, ma outsiders, gente poco inserita in altri ambienti.

Indubbiamente, un sereno contesto lavorativo è sicuramente auspicabile, ma troppa coesione può avere anche risultati negativi perché porta le persone a vedere le cose in modo molto simile ed a trascurare idee alternative, impedendo anche l’insorgere di discussioni e di confronti di idee che invece sono fondamentali, specialmente in aziende in cerca di innovazione.
L’obiettivo deve essere di realizzare un ambiente di lavoro in cui scaturiscano autonomamente e senza continue sollecitazioni esterne discussioni, contrasti e scambi di vedute, cercando al contempo di creare un sereno clima di lavoro.