Sono passate ormai un po’ di settimane dal formidabile tsunami di idee che ha imperversato su four.marketing intitolate “Se #internethavinto, Facebook è morto e i social media stanno male” e ritengo sia tempo di fare una dovuta riflessione a mente fredda per avere una visione piu’ ampia del processo in atto nel mondo di internet.
Trovo che la miglior chiave di lettura per interpretare correttamente la realtà del fenomeno vada ricercata nel contesto di crisi globale che il mondo sta affrontando.
Innanzitutto partiamo dall’assunto che l’intera umanità sta affrontando un cambiamento, in alcune aree del pianeta con shock economici e demografici significativi, in altre con tumultuose rincorse al progresso che sconvolgono nel breve volgere di un decennio l’intera società e dinamiche radicate nei secoli. Tutto questo si riflette anche nel ecosistema internet e social media: possiamo dire ufficialmente che sta attraversando uno stato di crisi. D’altra parte affermare che i social media hanno raggiunto la “maturità” è un modo molto diplomatico per dire che si è sgonfiata una enorme bolla speculativa e siamo ritornati ad una visione piu’ realistica dello strumento, meno naif e forse un po’ meno ingenua.
Per analizzare il fenomeno prenderemo come riferimento i paradigmi della crisi da un esempio concreto di qualche secolo fa.
La prima crisi come risultato di speculazioni di cui abbiamo traccia nella storia è quella che ha colpito i bulbi dei tulipani in Olanda e si data attorno al 1634. I prezzi dei bulbi, come moderni futures, avevano raggiunto livelli a dir poco astronomici e tutto per la pura passione-ossessione per questo fiore divenuto status symbol senza particolari meriti o virtu’. Facendo i dovuti distinguo, quanto possiamo rivedere in questo assurdo mercato le dinamiche legate ai banali “like” o ai “fan” delle pagine Facebook? Stiamo parlando di un altro tipo di merce, l’attenzione dell’utente e la sua potenzialità di influenzare e diffondere il messaggio nella rete di amicizie, e stiamo parlando di potenzialità economiche future, un potenziale cliente dei nostri prodotti, ma la dinamica non è molto diversa. La crisi dei tulipani ha visto un collasso generalizzato dell’economia con indebitamenti inesigibili dai creditori, fortunatamente Facebook non è arrivato a tanto, ma l’andamento delle quotazioni in borsa in parte riflettono quello di una sopravalutazione ingiustificata da logiche economiche (i fan/like non si sono ancora tramutati in clienti o solo parzialmente).
Lungi dal voler demonizzare lo strumento Facebook, in realtà questa riflessione ci aiuta a capire meglio come le crisi siano spesso sistemiche e si ripetono ciclicamente proprio perchè lo sviluppo ha portato a delle anomalie all’interno dell’ecosistema non piu’ compensabili da fattori endogeni ed esogeni all’ecosistema stesso.
Detto in altri termini, difficilmente si puo’ sostenere e controllare uno sviluppo lineare senza che vi siano dei salti evolutivi che generano scompensi, che mano a mano portano alla crisi in maniera quasi inevitabile. Molto spesso gli scompensi delle crisi economiche sono dovuti a sovracapacità produttiva o del credito, nel caso di internet la sovracapacità di connessione degli utenti.
L’evoluzione del web e dei social media negli ultimi 10 anni è stata di incredibile portata, rivoluzionaria! Il tutto supportato da un’espansione planetaria della disponibilità di tecnologia a basso prezzo e degli strumenti di connessione che hanno dato accesso, demograficamente parlando, alla maggior parte della popolazione mondiale. Se la bolla speculativa di internet ha avuto la sua crisi finanziaria già nel 2000, quella culturale e sociale degli utenti fruitori è arrivata 10 anni dopo.
Stiamo infatti affrontando la conseguenza di una sovracapacità di interconnessione virtuale, in cui gli strumenti sono compenetrati fra loro e hanno diffusione capillare. Mai nella storia umana si è arrivati a questo e la rivoluzione non puo’ che essere devastante per le logiche dello status-quo ante-internet e social media. Siamo quindi di fronte ad un cambiamento, radicale, sia economico che culturare e sociale. Gli strumenti internet e social media hanno destabilizzato dinamiche sociali consolidate nel tempo. Per rendere internet di piu’ facile lettura e gestione, data l’enorme portata delle sue potenzialità di utilizzo, abbiamo mutuato da strumenti di comunicazione piu’ noti le medesime regole di comunicazione per limitarlo, renderlo piu’ maneggevole ed usabile.
Siamo arrivati infatti ad avere piattaforme tecnologiche estremamente duttili ed avanzate, ma utenti non in grado di gestirle. La sovracapacità di comunicazione è stata riempita da contenuti sempre piu’ a buon mercato, sempre piu’ banali e di facile reperimento per compensare all’incredibile domanda di informazioni da distribuire nei canali internet e social. Il tutto è stato quindi semplificato e ridotto a funzionalità basiche che rispondono ad esigenze molto limitate per dare punti di riferimento ad una popolazione mondiale in progressiva interconnessione 24/7.
Non è forse quel che sta accadendo a Facebook e Twitter? Non stiamo forse riproducendo le dinamiche di comunicazione tipiche della comunicazione di massa senza sfruttare la vera rivoluzionaria funzionalità, l’interconnessione one-to-one?
Ne è un mirabile esempio il fatto che sempre pu’ spesso articoli della stampa prendono dichiarazioni di personaggi famosi e politicanti dai vari tweets e post su pagine Facebook. Questo non significa altro che il messaggio che viene lanciato sui social media in realtà non è diretto al pubblico dei follower o dei fan, non fa parte di una strategia digitale, ma si tratta di una scorciatoia per fare comunicati stampa e raggiungere i mass media con maggior impatto (“il mezzo è il messaggio” Mc Luhan).
Da parte degli utenti c’è una incredibile banalizzazione dello strumento perchè non c’è la consapevolezza delle sue potenzialità e del suo utilizzo. Le funzionalità piu’ in voga sono “forward” di contenuti preconfezionati, spesso di modesta levatura, il cui scopo principale non è portare conoscenza, novità e interagire, ma seguire il flusso dei “like” e il suo magico contatore. Purtroppo i social media sono diventati il megafono per moderni plebisciti su idee filosofiche sul senso della vita o su cosa abbiamo mangiato per cena, dando alle due “votazioni” lo stesso identico peso.
L’originalità di espressione, la diffusione della conoscenza e dello spirito critico, la ricerca dell’arricchimento culturale e sociale, cosa che lo strumento consente al massimo, è in realtà mortificata dal gioco al ribasso dei contenuti per raggiungere il massimo livello di “like” e “share” dagli altri: per parlare alla “pancia” degli utenti basta abbassare l’asticella della qualità di cio’ che si comunica!
E’ quindi normale che studi come quello qui presente faccia di Facebook una fantastica arena dove poter ricevere attenzione virtuale, di essere ascoltato e di sentire una pacca sulla spalla ad ogni “like” o retweet. Ma per farlo con successo, secondo le logiche mass mediatiche, l’utente si trova a riciclare contenuti non suoi e di bassa qualità.
Credo che l’evoluzione dell’utente sia alle porte, dovrà esserci piu’ consapevolezza che la rete è uno strumento di comunicazione, ha le sue caratteristiche e peculiarità da sfruttare in maniera ottimale per non svilirne lo sviluppo e le potenzialità future. A mio modo di vedere l’evoluzione umana in termini di utilizzo dei media digitali, in tutti gli aspetti, non è andata di pari passo alla tecnologia e agli strumenti del web, ma come tutte le crisi, ci sarà ben presto un fiorire di nuove opportunità.