Torno a scrivere dopo qualche tempo e vi confesso che ho trovato qualche difficoltà a trovare il giusto argomento da trattare.

La situazione economica nella quale viviamo, l’inizio di un periodo nuovo personale e la sensazione di correre con un freno a mano tirato da altri, ha un po’ affievolito l’entusiasmo che per diversi anni mi ha guidato.

Ma poi ti svegli una mattina e perdi mezz’ora del tuo tempo a viaggiare senza meta su Youtube e tra i tuoi video in cronologia rivedi Lui: IL VIDEO.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=HhsWzJo2sN4[/youtube]

Ecco, il mio pezzo di oggi non vuole analizzare strategie di mercato di successo, casi aziendali legati alle comunità che hanno reso più ricche aziende e persone, e nemmeno sviscerare la letteratura sull’argomento. Vuole solamente celebrare quello che per me (e direi non solo per me), appassionato di comunicazione tanto da costruirci un lavoro e curioso dei rapporti che coinvolgono comunità e brand tanto da dedicarci ormai 6 anni, è stato il punto di inizio di tutto.

Andiamo con ordine!! 22 gennaio 1984. L’America si ferma, come tutti gli anni. Dal Tampa Stadium di Tampa va in scena il XVIII Super Bowl. I Los Angeles Raiders, sfavoriti e vittime predestinate, travolgono i Washington Redskins per 38 a 9.

All’epoca queste sarebbero state le informazioni principali, se non le uniche, di un certo interesse su quell’evento. Negli anni però, prima ancora dei 2 touchdowns di Marcus Allen, sono diventati epocali quei 60 secondi durante il terzo quarto nei quali passò per la prima e ultima volta “1984”.

1984 è lo spot pubblicitario di Apple che segna l’inizio della prorompente storia del marchio di Cupertino che, negli anni, ha cambiato il modo di fare promozione e di rapportarsi con i propri consumatori.

Diretto da Ridley Scott e con protagonisti Anya Major, nel ruolo dell’eroina anonima, e David Graham, nel ruolo del grande fratello, il cortometraggio è la pietra miliare dei video pubblicitari perché riassume al suo interno una serie di caratteristiche che, per l’epoca, furono rivoluzionarie: l’utilizzo di una trama strutturata, immagini emozionali e messaggi non strettamente commerciali, la volontà di pubblicizzare una filosofia e dei caratteri distintivi di brand prima che un prodotto e un cast di primo livello.

Senza questo spot pubblicitario probabilmente non attenderemo con ansia tutti gli anni le WWDC Apple e l’uscita del nuovo tablet o del nuovo smartphone firmato dall’azienda californiana.

Perché nell’era degli effetti speciali, della realtà aumentata e della 3D graphics si dovrebbe guardare e ricordare un “progetto” del 1984? Si potrebbe dire, semplicemente, perché è stato il primo di questo genere e in quanto tale va ricordato.

In parte è così, ma fermarsi a questo sarebbe come dire di aver letto un libro sfogliandone l’introduzione. Questo video in realtà anticipa di decenni quello che ora appare la normalità nelle campagne pubblicitarie. Il livello emozionale della combinazione “trama-girato-momento specifico-unico passaggio” all’epoca fu la “rivoluzione copernicana” della pubblicità e ha contribuito a creare un’aurea spirituale che ne ha aumentato il “culto”.

Lo stupore, poi, che portò sul mercato fu tale che Apple ottenne l’equivalente di milioni di dollari in pubblicità gratuita con la ritrasmissione di quei 60 secondi da parte delle trasmissioni di informazione (in un epoca in cui mancavano ancora circa 15 anni dalla diffusione di massa di Internet e 21 all’avvento di YouTube).

Campagne pubblicitarie come quella FIAT di qualche anno fa:

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=seJmEb0fcBA[/youtube]

o quella più recente di ENEL:

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=HT5AgTgqzt8[/youtube]

devono il loro successo a quegli attimi in cui Anya Major lanciò il suo martellone contro lo schermo.

Forse questo mio pezzo piacerà a pochi perchè molto celebrativo e a basso valore aggiunto ma, così come nel 1984 Jobs e Sculley volevano scuotere il pubblico annunciando il futuro, con queste poche righe voglio solo dare un incipit per una riflessione su quello che, da quel 22 gennaio di 29 anni fa, è successo in termini di pubblicità, valore del brand e rapporto con la comunità di consumatori.

Oggi Apple la conosciamo tutti. Parliamo di una multinazionale della tecnologia con più 70.000 dipendenti nel mondo e più di 40 miliardi di dollari di fatturato, ma prima ancora parliamo di idee rivoluzionarie che hanno cambiato negli anni i prodotti certamente ma, prima ancora, il modo di interagire con i clienti coinvolgendoli nella creazione della cultura di marchio e di quello spirito condiviso che da quel 1984 si riassume sotto il payoff “Think Different”.

Lasciatemi una conclusione romantica… forse da lassù il buon Steve ancora sorride rivedendo quello spot e pensando che oggi, nel 2013 uno squattrinato sognatore della provincia italiana si diverte a vedere in loop quei 60 secondi che hanno cambiato la storia.