Nel 1755, Diderot scriveva “Fino a quando i secoli continueranno ad evolversi, il numero di libri crescerà continuamente, e si può prevedere che verrà un tempo in cui imparare qualcosa dai libri sarà difficile come studiare tutto l’universo.” La conoscenza a cui faceva riferimento Diderot non risiede più nei libri ma nella mole di documenti e risorse che le nuove tecnologie mettono a disposizione: non solo le informazioni archiviate nei siti web, ma anche le esperienze ed il sapere che ci si scambia giorno dopo giorno via posta elettronica, sui social network ed attraverso le mille altre possibilità fornite dai moderni mezzi di comunicazione.
Le informazioni sono ovunque perché create, condivise e disponibili in ogni spazio di interazione virtuale e in ogni momento grazie all’ampia disponibilità di device tecnologici. Siamo giunti al paradosso dell’obesità informativa: un lavoratore della conoscenza ha a sua disposizione così tante informazioni che la maggior parte di esse risulta superflua e rischia di essere, se non nociva, quantomeno difficile da gestire. Per chi lavora nel mondo della comunicazione l’accesso alle informazioni è di vitale importanza, ma alla stregua della sovra-alimentazione tipica dei paesi sviluppati, ci si ritrova costantemente bombardati da stimoli e dati provenienti dalle fonti più disparate.
Nei casi peggiori si arriva ad una vera e propria deriva con conseguenze anche gravi: è l’overload informativo, quando la presenza di troppe informazioni rende difficile la comprensione di un problema e impedisce di prendere le giuste decisioni. Gli psicologi hanno circoscritto delle sindromi ben precise causate dallo stress di dover gestire una quantità eccessiva di dati: l’Information Fatigue Sindrome (IFS) e l’Information Anxiety, patologie che possono avere conseguenze anche gravi e che affliggono chi gestisce un importante flusso informativo.
Lo stress da gestione dell’obesità informativa sembra essere una aspetto sempre più sentito negli ambienti di lavoro. Un anno fa ha destato scalpore la scelta di Thierry Breton, CEO della Atos, che ha proibito l’uso di e-mail interne a favore dell’utilizzo di una chat aziendale. A far riflettere l’azienda sono stati i dati sulla percentuale di tempo impiegato dai dipendenti per cancellare le e-mail inutili, pari al 15% del totale delle e-mail ricevute. In questo caso, si è pensato di dirottare l’interazione verso altre modalità comunicative più veloci e dialogiche, ma forse non del tutto adatte a eliminare o a ridurre l’information overload.
Lo sforzo di attenzione, selezione e comprensione a cui si è obbligati causa stress inutile, impensabile anche solo un decennio fa. Ma quindi non esiste una cura per l’obesità informativa? A detta degli esperti, la soluzione esiste, e non è molto diversa da quella in grado di curare l’obesità alimentare. Si comincia infatti a parlare di dieta informativa e si profila la necessità di avere a disposizione solo le informazioni che servono eliminando quelle inutili, come si eliminano grassi e junk food per avere una sana alimentazione.
Tra feed RSS, aggiornamenti e condivisioni sui Social network, quanti contenuti sgomitano per ottenere la nostra attenzione? È impensabile riuscire a leggere ogni singolo link condiviso e ogni contenuto a nostra disposizione, ogni newsletter e ogni aggiornamento. Come fare allora per selezionare nel modo migliore gli ingredienti della nostra dieta informativa? Il tutto si può riassumere in poche e semplici regole dettate dal buonsenso:
- stabilire un tempo ben preciso e limitato da dedicare alla lettura delle e-mail, dei social network e dei feed informativi a cui siamo abbonati;
- limitare al massimo le interruzioni ad opera di chat, skype e messaggistica varia;
- selezionare il più possibile le fonti informative, eliminando quelle che trattano argomenti già sviscerati da altri e dando la precedenza a quelle più autorevoli e che già operano una funzione di filtro.
Spesso però, nella quotidianità di chi è sempre connesso, è facile cadere in tentazione e cercare su Facebook o Twitter nuovi argomenti di discussione e nuovi aspetti da esplorare, è difficile resistere alla tentazione di iscriversi all’ennesima newsletter o di seguire la twitterstar del momento, in preda all’ansia di essere tagliati fuori dalle discussioni che contano. Io, l’ammetto, nonostante i buoni propositi non sempre ci riesco. E voi, come gestite l’inevitabile overload informativo senza diventare obesi di informazioni? Quali criteri adottate per selezionare le fonti d’aggiornamento davvero rilevanti? Di cosa è composta la vostra dieta informativa?