La prima volta che ne ho sentito parlare è stato a lezione quando il mio professore abbozzò un “sostituisce il codice a barre”, poi più nulla fino a quando la mia professoressa di trade marketing mi illuminò sull’utilità di quel quadrato contenente tanti altri piccoli quadratini che sembrano messi a caso e che a fissarlo ti si incrociano gli occhi. Sto parlando del QR Code, ovvero:
“codice a barre bidimensionale (o codice 2D), ossia a matrice, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema di forma quadrata. Viene impiegato per memorizzare informazioni generalmente destinate a essere lette tramite un telefono cellulare o uno smartphone. In un solo crittogramma sono contenuti 7.089 caratteri numerici o 4.296 alfanumerici.” (Wikipedia).
Questo simpatico quadratino, però, è molto di più di un codice a barre, è un link cartaceo, ovvero attraverso una foto con uno smartphone indirizza direttamente a una pagina web cui è destinato.
Il marketing ha fatto di questo strumento, nato nel 1994, un mezzo di comunicazione che ha preso piede in tutti i settori e nei modi più svariati.
La fantasia non è mancata innanzitutto ai sud coreani quando, a metà del 2011, hanno inventato il supermercato virtuale niente popò di meno che… IN METROPOLITANA. Ciò che ha fatto Tesco – che voleva aumentare le vendite senza aprire nuovi punti di vendita – non è stato altro che attaccare dei cartelloni pubblicitari in metropolitana rappresentanti gli scaffali del supermercato (addirittura con la luce nel pannello in modo da riprodurre l’immagine reale dello scaffale) e con un QR Code posizionato sotto ad ogni prodotto. Ora i lavoratori o gli smemorati possono acquistare prodotti e fare la spesa facendosela recapitare direttamente a casa, facendo semplicemente una foto con il loro smartphone (molto diffuso ai giorni nostri) al QR Code del prodotto desiderato. Tutto questo è possibile grazie alla tecnologia che integrata all’organizzazione aziendale rende possibile passare gli ordini direttamente al magazzino.
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In Italia, aimè, non siamo ancora arrivati a una tale organizzazione delle vendite. Quello che per ora è stato fatto (se qualcuno ha news più aggiornate mi faccia sapere) è solo un’affissione di Klikkapromo nelle principali stazioni metropolitane di Milano che confronta i prezzi di diversi prodotti nei supermercati aderenti per scoprire il punto di vendita in cui è possibile risparmiare di più sul singolo prodotto. Le speranze sono quelle di poter replicare l’iniziativa di Tesco (fatta poi anche da Carrefour in Francia e Sorli Discau in Spagna) trovando un accordo e una partnership con il trade.
Tesco, oltre alla comunicazione, ha ottenuto un significativo ritorno sull’investimento incrementando significativamente le vendite a costi molto marginali e guadagnando quote di mercato.
Tuttavia il QR Code può essere usato per creare un servizio aggiuntivo per il cliente. Come? Attraverso informazioni sul prodotto, sulle sue origini, raccontandogli una storia.
In Italia siamo molto bravi in tre cose: la cucina, il buon vino e raccontare storie. A unire tutto questo sul nostro mercato qualcuno ci ha già anticipato: il vino con il QR Code sulle etichette che rimanda alla casa vinicola e che racconta la storia del luogo in cui è nato il vino, dell’abbinamento ideale culinario, della produzione. Un esempio calzante è Bocale (viticoltori di Montefalco) che alle sue etichette ha deciso di incorporare il QR Code che permette di conoscere:
- caratteristiche del vino
- tutti i contenuti della retro etichetta
- descrizione dell’azienda
- la videointervista al produttore
- il link al sito aziendale
Hanno invece uno scopo prettamente commerciale i QR Code sulle pubblicità presenti nelle riviste che rimandano al prodotto sponsorizzato sulla pagina con la possibilità di scegliere vari colori, vedere un video di presentazione, conoscere le eventuali tagli, gli abbinamenti con altri prodotti della stessa marca e così via. Si potrebbe definire un servizio, ma lo scopo finale è quello commerciale; mentre nel caso del vino la finalità è quella di informare, in modo da fidelizzare il consumatore, mettendo in atto una strategia di brand image.
Tutto molto affascinante, ma all’azienda cosa viene in tasca?
Nel caso dell’uso per la vendita diretta la risposta vien da sé; nel caso, invece, dell’uso a fine commerciale, piuttosto che di servizio il QR Code, a seconda del programma utilizzato, permette di avere diverse statistiche molto simili a quelle che fornisce Analytics per i siti web. Un esempio è QrcodeVini che permette di geolocalizzare il cliente, di capire quanto tempo è rimasto sulla landing page, il tasso di rimbalzo, le pagine visualizzate ecc.
Si può quindi dire che il nostro amico QR Code sia un affascinante mezzo di comunicazione, un abile storyteller, un rappresentate di vendita a 360°, un punto di vendita virtuale e un report importante che ci presenta il ROI pubblicitario. La nuova frontiera della comunicazione ci permette quindi di coccolare il cliente, ma anche di aumentare le nostre vendite.
E il consumatore? Il consumatore inizialmente si diverte (quando partecipa al processo si sente coinvolto e lo considera come un gioco; o comunque agisce per curiosità), successivamente considera la reale utilità del servizio. Ciò che più appare coinvolgente, quindi, è da ricercare nelle prime due tipologie considerate, ovvero la vendita diretta (strada intrapresa dai supermercati) e quella di servizio (come nell’esempio dei vini). L’ultima, invece, essendo a scopo commerciale/pubblicitario potrebbe essere ignorata nel momento in cui è terminata la curiosità iniziale.
Ciò che le imprese possono fare è quindi ascoltare l’attuale e futura richiesta del consumatore e assecondarlo (oltre che vendere e sviluppare il brand); ciò che può fare il consumatore invece…Take an App and enjoy it!