Internet è sempre più grande, e sempre più coinvolgente. Siamo ormai ben lontani da quando era fatto solo di pagine statiche, difficilmente rintracciabili e del tutto prive di design e bella grafica. In fondo, oggi siamo nel web 2.0 e ci siamo praticamente tutti dentro, volontariamente o meno. Per le aziende è facile riuscire a scoprire informazioni sui candidati rendendo il classico curriculum cartaceo quasi superfluo.
I giovani per entrare nel mondo del lavoro, devono essere capaci non solo di dare una buona impressione al momento del colloquio ma anche di gestire la loro immagine e reputazione online. Per ricercare nuovo personale, le aziende e le società di selezione si affidano sempre più a internet, monitorando l’attività dei potenziali candidati su Blog personali, Linkedin, YouTube e Twitter e perchè no, anche su Facebook.
Quale è la ragione che spinge le aziende a studiare la nostra attività online? Curiosità o utilità? La nostra presenza sui social media e in genere su internet permette di scoprire qualcosa di più su chi siamo, e sui nostri interessi personali. Inoltre, grazie a Internet è possibile riuscire a verificare delle informazioni sul candidato e capire la veridicità di ciò che il curriculum racconta.
Vista secondo questa prospettiva, il modo in cui ci muoviamo e costruiamo la nostra identità online è fondamentale, perché questo contribuisce a definire il nostro profilo, cui potranno accedere eventuali aziende o cacciatori di teste (headhunter).
Questa riflessione è nata da una esperienza personale. Sono rimasta alquanto perplessa quando ho ricevuto un messaggio privato su Linkedin di una responsabile marketing di un’azienda inglese specializzata nella vendita di caffè, la quale mi chiedeva se sarei stata interessata a diventare responsabile di uno dei futuri coffee bar che avrebbero a breve realizzato in Cina. Il motivo per cui mi ha voluta contattare è dovuto al fatto che tra le informazioni lasciate sul mio profilo Linkedin, figura che sono barista presso un’associazione culturale. Non si tratta logicamente di un lavoro vero e proprio, sono una semplice volontaria dell’associazione che vende pop-corn (trattandosi di un cinema).
Il punto è che da una semplice e innocua informazione lasciata quasi per caso, avrei, senza aver fatto praticamente nulla, trovato lavoro. Tenendo poi conto che più del 60% delle aziende tende a cercare su Linkedin informazioni interessanti su nuovi possibili lavoratori, è alquanto strabiliante.
Se, da un lato tutto risulta molto più semplice e automatico in questo modo, dall’altro richiama ognuno di noi verso una maggiore attenzione alle informazioni che mettiamo in rete. I social network sono strumenti eccezionali, e non finirò mai di ripeterlo. Le community, i forum, i gruppi sono luoghi virtuali che mettono insieme persone con gli stessi interessi in modo estremamente semplice, e per chiunque risulta così facile riuscire a ricevere e fornire in tempo reale risposte a qualsiasi tipo di domanda, aumentando la propria conoscenza e/o visibilità.
Certo, le offerte di lavoro a volte sono esagerate, si chiede ai candidati di essere perfetti, ottimi conoscitori dell’inglese e con alle spalle già una buona esperienza lavorativa. Ma come può un ragazzo appena uscito da scuola pensare di poter entrare nel mondo del lavoro se neanche glielo permettono e non gli insegnano come lavorare? La cosa più giusta sarebbe scoprire i lati nascosti e migliori del soggetto stesso, puntando sulla sua capacità di apprendere, di essere flessibile, di dare un contributo vero all’azienda.
Se è giusto chiedere ai giovani di andare “un po’ più in là”, di spingersi oltre il semplice “devo fare questo e nient’altro”, è vero anche che i datori di lavoro devono a loro volta essere flessibili, adattarsi alle novità e alle idee anche pazze che gli si presentano, se sono idee fattibili e originali.
I social possono in questo senso essere un valido aiuto per scoprire lati forse nascosti dei possibili candidati e poterli selezionare non semplicemente in base alla loro formazione o alla loro eventuale piccola esperienza lavorativa.
E tu cosa stai facendo per la tua reputation? Come stai gestendo il tuo personal brand?