E il terzo giorno Facebook resuscitòMaccheroni… m’avete provocato… e mo me te magno”! Inizia così il mio post di oggi, ispirato dalla sottile provocazione di lunedì in 7-eleven, che non ho potuto far a meno di cogliere.
Come per “content is the king” ci tengo ad approfondire anche la questione “Facebook è morto”, con lo scopo di contestualizzare l’affermazione nella realtà del nostro territorio, ricco come sappiamo di piccole medie imprese.
Quando mi approccio a una PMI generalmente mi appassiono alla sua storia, al suo prodotto (nei limiti di quanto io possa capirlo e percepirlo chiaramente) e alle persone che vi lavorano; non per particolari motivi umanitari, bensì perché ritengo sia l’unico modo efficace per studiare una strategia ad hoc, e sottolineo strategia. È un po’ come se diventasse la mia azienda; e io alla mia azienda, qualsiasi essa sia, in questo momento, sconsiglierei di affacciarsi al social network di Zuckerberg, salvo rarissimi casi. Perciò, quando sento – purtroppo mi capita spesso – di agenzie e “colleghi” che si spacciano per guru del Social Media Marketing e propinano i social, soprattutto Facebook, come panacea di tutti i mali, permettete che io mi irriti non poco. Come già ho scritto in precedenza, i miti sono tanto falsi quanto dannosi, ed è necessario pertanto che anche le piccole medie aziende acquisiscano consapevolezza a questo riguardo.
Quindi? Strategia! Analisi, obiettivi, target, influencer e poi… canali e strumenti. Perché non dobbiamo mai dimenticare che Facebook è un mero strumento, e in quanto tale la sua efficacia dipende dalla strategia con cui lo utilizziamo. E quando leggo che “È necessario collegare i social media a processi aziendali e organizzativi strutturati e fare in modo che non divengano l’obiettivo, ma lo strumento, non il fine ma il mezzo” oppure “Perchè Facebook non è una Social Media Strategy” mi viene l’orticaria perché chiunque abbia pensato che Facebook fosse qualcosa di diverso da uno strumento o è pazzo o è un visionario… o è un consulente, magari con tanta esperienza – troppa? – e una gran storia ma poca visione sul futuro!


Facebook non è morto: come ogni strumento ha il suo ciclo di vita ed ha raggiunto e forse superato la maturità. Ciò non significa che abbia perso efficacia, vuol dire che ora emergeranno le realtà che hanno approcciato strategicamente e proattivamente lo strumento, a discapito di quelle che invece l’hanno utilizzato come uno tra i tanti canali di comunicazione push; senza considerare forse il rischio che corre un brand quando sta sul social e spinge tantissimo in ottica push pura: perché a volte è sufficiente un commento negativo per fare il giro della rete e mettere in seria difficoltà il brand stesso, piccolo o grande che sia. Infatti non dobbiamo mai dimenticare che il contenuto considerato di maggiore qualità dagli utenti non è quello dei brand (10%), ma quello creato dai propri pari online (50%).

Come approcciare quindi lo strumento in modo strategico? Per esempio, in una logica di vera comunicazione integrata, la buona riuscita di una strategia di marketing che utilizzi i social media affianca le attività online a quelle offline: ovvero i contenuti digitali veicolati nei social aziendali contengono dei richiami ai punti vendita, alla fruizione di prodotti e servizi fisici. Per esempio, un coupon sconto scaricabile da una fan page in cambio del like; e, viceversa, offline, la segnalazione e l’incentivo per i clienti a utilizzare i canali social del brand in cambio di un’eventuale promozione, sconto o vantaggio di qualche genere. È evidente che, soprattutto per i grandi brand, si tenda sempre più verso il Cross Media Marketing, ovvero l’integrazione tra canali online e offline: un esempio lampante è la segnalazione nelle pubblicità in televisione dei collegamenti ai principali social network, che è diventata ormai la norma. È vero che le PMI hanno poche risorse da allocare per il marketing e la comunicazione, ma è proprio per questo che non si può rischiare di sprecarle in una paginetta Facebook, illudendo che quello strumento porti risultati consistenti e misurabili.

Ma in sintesi, il social… funziona? Sì, nel momento in cui viene innanzitutto considerato per quello che è, uno strumento, e nella misura in cui è integrato nei processi aziendali. È indispensabile però che l’azienda, anche la PMI, cambi approccio e si sposti verso un vero orientamento al cliente, dove le persone siano messe al centro di tutti i processi, interni ed esterni.

Facebook è mortoNello specifico, quindi, Facebook è morto? No. È cambiato? Forse un po’, a causa principalmente di due fattori, ma aggiungo anche forse non ancora abbastanza. Sicuramente ha influito notevolmente l’aumento esponenziale del numero degli utenti, che con curiosità mi chiedo se sia stato previsto e quindi se siano davvero in grado a Palo Alto di gestirlo. Inoltre, è evidente che siamo davanti a un overflow di informazioni che ci tediano in continuazione, caratterizzate da una scarsa differenziazione e spesso anche poca utilità: il risultato sono persone sempre meno attive e più televisive, immuni a buona parte dei messaggi veicolati. Il “like” è diventato un pollice che cade stanco sullo smartphone, i commenti sono oggi uno sforzo notevole per gli utenti, e quindi per un brand, qualcosa di prezioso ma difficile da ottenere. L’interazione, cioè la vera forza del Social, viene meno, a causa delle suddette variabili: troppa informazione a basso valore e troppi utenti. Quindi, chi e cosa riesce a farci interagire oggi?

Come se non bastasse, è necessario sottolineare un dato a dir poco allarmante: meno del 16% dei fan della nostra page vede effettivamente visualizzati nella propria homepage i post che condividiamo sulla pagina. Quanti saranno di questo 16% a venire davvero coinvolti dal contenuto condiviso? La percentuale è davvero irrisoria. E se speriamo nella democrazia del web stiamo facendo i conti senza l’oste: infatti Facebook, specialmente con le nuove forme di ads chiamate “sponsored stories”, grazie alle quali i contenuti sono consigliati dagli amici (con un valore chiaramente superiore rispetto alle normali ads), consente a chi ha più risorse finanziare una maggiore viralità e diffusione. Una sorta di ricatto in pratica: nonostante i nostri fan abbiano messo mi piace sulla nostra pagina, dichiarando quindi di voler visualizzare i contenuti della stessa, il social network consente loro di vederne solo alcuni. Per essere certo di raggiungere tutti i tuoi fan, oltre il 16% quindi, dovresti pagare cifre altissime.

È sufficiente anche solo quest’ultima riflessione credo per farci rendere conto di quanto Facebook sia solo uno strumento e perciò quanto importante sia la pianificazione al fine di raggiungere dei risultati validi e non sprecare preziosissimo tempo e ancor più preziose risorse. Il Social Media Marketing non è morto, semplicemente va approcciato in modo più strategico e integrato, con contenuti sì impattanti ma anche reali, che interessino il nostro pubblico di riferimento. Perciò reinventarsi, analizzare il nostro target, stilare una strategia cross mediale ad hoc e utilizzare eventualmente anche Facebook, quale veicolo e non obiettivo. Il punto di arrivo sono e restano le persone.