Questa riflessione nasce dalla lettura di C. Salmon, Storytelling la fabbrica delle storie, Fazi Editore

È un momento difficile per molti. Ma le difficoltà possono essere uno stimolo al rinnovamento.

Un momento di crisi comporta inevitabilmente una crisi di senso, cioè il non riuscire più a rispondere alla domanda fondante della scelte quotidiane: perché? 

Ogni scelta, nel lavoro come nella vita, deve avere una sua ragione; qualche volta azzardata, spesso è la più semplice, mai buttata lì senza motivo.

Nell’ultimo anno abbiamo incontrato aziende che spesso non sapevano più ragionare in merito alle proprie scelte. Qualcuno di loro diceva che non era né necessario né utile di questi tempi avere una visione lunga. Certo si può fare; è possibile vivere alla giornata aspettando che le cose migliorino, ma quanto può durare?

I momenti di crisi sono naturali e spesso necessari, per poter progredire e crescere. Dovrebbero essere momenti che ci preparano  a ricominciare, a impegnare del tempo per sé e forse anche per la propria azienda; il tempo necessario alla riflessione e non sempre quello delle emergenze. Ma molto spesso, in momenti come questo, non si sa bene da dove cominciare.

Ricominciamo dall’azienda.

La fabbrica di inizio secolo era un luogo di silenzio imposto. Tutti dovevano stare in silenzio e lavorare; l’azienda di oggi, imperniata di comunicazione, fuori e dentro di sé, è divenuta un flusso di parole e racchiude in sé un tesoro prezioso: il capitale narrativo. 

Cos’è il capitale narrativo? Sono le storie che pervadono e si rincorrono dentro un’azienda. Pervadono, perché sono molto più presenti di quanto si pensi diventandone un tessuto fondamentale; rincorrono, perché “rimbalzano” di persona in persona, di reparto in reparto continuando a crescere. Ogni reparto o funzione racconta storie di sé e degli altri.

Il flusso narrativo dentro un’impresa, se usato adeguatamente, dà modo di racchiudere l’organizzazione dentro un orizzonte di senso e, soprattutto, di costruire un’identità.

È necessario, come ricercatori appassionati, individuarne i focolai discorsivi, cioè quei luoghi in cui i racconti si accendono: la macchinetta del caffè, una scrivania, alcune riunioni, intranet per esempio.

Raccogliere tutto questo non è solo ascoltare ciò che le persone raccontano, quanto “far parlare” in modo da mettere in luce elementi utili per centrare l’obbiettivo prefissato, non importa se sia il coinvolgimento emotivo dei vostri collaboratori o la ricerca di un nuovo logo che vi rappresenti.

Successivamente tutta questa massa enorme di parole va tagliata perché non tutto serve allo scopo; codificata per essere resa accessibile a tutti e rimessa in circolo, dentro e fuori dall’azienda, per diffondere, per esempio, le buone pratiche ed esplicitare le conoscenze tacite. Il capitale narrativo può divenire una risorsa per il marketing, uno strumento di gestione del personale, un mezzo per trasmettere conoscenza e molto altro. È un capitale prezioso e trasversale rispetto a funzioni e reparti.

Lo sentite il brusio? È la vostra azienda che borbotta, brontola, si confida e vorrebbe essere ascoltata.