Se Maslow smussasse gli angoliDopo almeno tre decenni di mantra mediatico focalizzato a “rincorrere il successo”, “salire la scala gerarchica”, “realizzare pienamente te stesso” e altri messaggi-chiave legati al paradigma consumistico, questa crisi economica ci ha scaraventati forzatamente con i piedi per terra. È come se fossimo usciti dalla ruota del criceto, un po’ spaesati e al tempo stesso nostalgici perché quel giocattolo ci piaceva proprio.

Abbiamo provato a rientrarci subito, tra il 2008 e il 2010, illusi dalla sicurezza che “tanto riparte”. Adesso stiamo accettando l’idea che “non tornerà mai più come prima”. Quattro anni di elaborazione del lutto.


Perché il mantra, tra le righe, ti assicurava che con un’ottima preparazione accademica, con il saper stare nelle gerarchie aziendali, con la scelta di una professione cool quanto basta, il futuro scintillante fosse a portata di mano: stai buono che ce n’è anche per te.

Tutti a rincorrere, quindi, la carotona del vertice della piramide di Maslow, dando per scontati i primi gradini. Ci hanno raccontato che si può essere e avere sempre di più. Nuovi bisogni per far girare la ruota sempre più veloce. Crescita ad libitum. E chi non ci stava, era nemico del sistema, andava messo a tacere.

Peccato che, da qualche anno, dev’essersi rotto qualche ingranaggio. Perché in giro vedo un sacco di persone logorate da quella corsa, competitive con il vicino di casa, cupe e grigie quando in realtà, oggettivamente, hanno tutto e, rispetto ad altri paesi nel mondo, continuano ad essere relativamente ricche. Nel portafoglio pieno, tanta infelicità e ansia per quello che ancora-non-ho-comprato.

Solo che adesso devono scendere dalla scala di Maslow, devono fare di più con meno, devono tornare ad avere fame per reagire alla situazione di negatività diffusa che viviamo, in particolare come Italia, a livello macroeconomico come vecchia Europa. È importante ora costruire ricchezza di relazioni, di valori, di produzione e di senso; adattarsi al nuovo contesto esterno dopo averlo combattuto per anni.

Oggi mancano modelli culturali, prima che imprenditoriali ed economici, di riferimento per uno slancio che non possiamo delegare ad altri, additando la politica per quello che non fa e che dovrebbe fare. Sono tutte scuse per coprire la nostra pigrizia, indolenza, i vizi di decenni in cui l’asticella non era sull’eccellenza ma spesso sulla mediocrità. Ecco, adesso è semplicemente arrivato il conto. Mancano gli Adriano Olivetti, i Muhammad Yunus, i Ratan Tata. Mancano modelli che sappiano ispirare e non imporre.

Maslow deve allora scendere dalla sua piramide, tornare a parlarci dei bisogni di base e raccontarci che anche nella semplicità e ordinarietà del quotidiano ci può e ci deve essere gioia, serenità, senso. Che non è sempre domenica, che il primo passo per cambiare una realtà diversa – più difficile, ma non meno di un’Europa distrutta dal secondo conflitto mondiale – è accettarla e smetterla di lamentarsi. Invece di criticare continuamente la politica, il datore di lavoro, il sistema, la mafia, il sindaco, il concorrente (e… aggiungi a piacere), iniziassimo a svegliarci e a capire che dobbiamo accettare il nuovo contesto come primo passo per cambiarlo?

Dalla piramide impossibile da scalare totalmente, Maslow ci porta al cerchio in cui collaborare e NON competere con il prossimo.