Tutti conoscono il gioco degli scacchi.

Molti lo considerano un passatempo troppo complesso per essere davvero considerato tale. Alcuni ne hanno imparato le regole di base, ma questo non è sufficiente per entrare davvero in quel “mondo”.

La scacchiera è un luogo molto strano: non esiste la fortuna. Niente carte coperte, lancio di dadi, nessuna divinità a scombussolare i pezzi in modo casuale. Tutto è lì: davanti ai giocatori. Più hai studiato, imparato a riconoscere schemi ricorrenti, escludere rapidamente scelte non percorribili, più sei bravo a ”governarlo”. È capitato spesso che grandi campioni fossero capaci di vivere solo seduti davanti a “quel mondo”. Forse perché non ci sono rapporti umani, con tutte le loro complicazioni, cioè la parte più difficile alzato lo sguardo dalla scacchiera.

Ma gli scacchi non sono solo: genio e follia, studi interminabili e partite fantascentifiche uomo-macchina, ma possono essere un perfetto allenamento per acquisire, o potenziare, alcune capacità utili per qualsiasi imprenditore.

1. La decisione avviene in luoghi profondi: la conoscenza di sé

Ogni giocatore di scacchi è una persona e possiede delle caratteristiche di gioco peculiari dovute al connubio tra la psicologia individuale e la propria struttura emotiva dando vita a un modo di gioco unico. Conoscere il proprio stile personale nell’affrontare una partita è il primo passo per rispondere alle domande che ci aiuteranno a crescere: quali sono i miei punti deboli? E quelli forti? Che tipo di sfide devo cercare di evitare?

Tutto questo non serve solo per giocare meglio, ma è fondamentale per divenire consapevoli dei propri processi decisionali, perché questi, con la pratica, potenzieranno le nostre azioni intuitive inconsce, con le quali prendiamo la maggior parte delle nostre decisioni, anche se pensiamo, banalmente, che le scelte siano atti razionali concordati alla luce del sole.

2. L’impulsività è sempre una brutta consigliera: acquisire calma e concentrazione

L’impulsività non paga quasi mai. Negli scacchi è assolutamente inutile. Ogni giocatore deve imparare a governare il proprio stato mentale, e non solo, mentre muove i pezzi. Le partite cominciano molto prima del sedersi davanti alla scacchiera; cominciano nella nostra testa, nel governare l’energia mentale per canalizzarla in concentrazione. Parlo di impulsività come esempio lampante di una caratteristica che spesso crea problemi, ma c’è anche l’emozione, l’adrenalina, il luogo come in ogni ambiente sportivo. Ma in questo gioco, dove abbiamo un breve tempo per riflettere, e molto da valutare, non abbiamo possibilità di perdere nemmeno un secondo. Impareremmo a valutare rapidamente ma concentrati sulla domanda.

3. Un obbiettivo e una strategia: non c’è l’uno senza l’altro

Gli scacchi sono un gioco di strategia, cioè un insieme di scelte per ottenere un risultato. L’obbiettivo lo conosciamo: è lo scacco matto, ma la strategia, anche per un grande campione, è sempre da costruire e probabilmente capita che sia molto diversa dalle partite precedenti anche se l’obbiettivo è sempre lo stesso. Ma questo meccanismo è illuminante per due motivi. In primo luogo: la strategia deve essere sempre aggiornata e verificata ad ogni mossa. Quindi nessuna strategia può essere rigida, ma deve essere necessariamente modificabile senza perdere di vista l’obbiettivo. In secondo luogo per far questo è necessario uscire dalle nostre coordinate di scelta, saper vedere diversamente e soprattutto chiedersi sempre “perché”? Perché ho preso quella decisione in quel momento? Perché il mio avversario sta prendendo questa strada?

Non è, come qualcuno potrebbe pensare, un macchinoso e artificioso esercizio, ma ragionando sul perché delle proprie scelte la volta successiva, spesso, non sarà necessario pensarci e di fronte a un cambio di strategia saremmo più efficaci.

4. La partita non si vince mai da soli: collaboratori fidati

Ogni giocatore di scacchi professionista non gioca mai da solo; al suo fianco ci sono collaboratori fidati che lo aiutano a capire la partita giocata, preparano le controffensive, studiano, con lui e per lui, gli avversari. Il mondo è troppo complesso per poterlo affrontare da soli con “una spada magica e un fido destriero”. È una versione romantica che abbiamo nell’anima e non funziona più. Anche Bobby Fischer, quando in piena Guerra Fredda, ha battuto la Russia diventando campione del mondo, nonostante il suo proverbiale caratteraccio, aveva chi con lui preparava le partite. I collaboratori sono fondamentali per ampliare la propria capacità di analisi, le frecce al proprio arco e un sostegno nei momenti difficili.

Per concludere.

Sappiamo bene, come sanno i folli giocatori di scacchi, che nella vita è tutto molto più complesso che il cominciare con una forte apertura, o costruire una buona combinazione di mosse prevedendo quelle dell’avversario. Avversario? Quale avversario?

Qualche volta dimentichiamo che la vita non è un avversario, ma è lo scenario dentro cui giochiamo. Probabilmente non va letta  in termini di fortuna o sfortuna, ma come una sommatoria di eventi. Tocca a noi cambiare la strategia al momento opportuno, mettendo in campo capacità di analisi, calma e conoscenza di sé, come un buon giocatore di scacchi.

Questo post è ispirato e dedicato a un buon giocatore di vita, anche se di scacchi non ne sa nulla.