Advertising ROIIn un momento di profonda crisi economica come quello che stiamo attraversando ormai da qualche anno, è sempre piu’ frequente la necessità per le aziende di ridurre i propri costi per mantenersi competitive nel mercato. I capitoli di spesa che vengono ridimensionati sono inevitabilmente quelli relativi ai centri di costo: sebbene sia comunque presente la consapevolezza che la pubblicità è una leva anticiclica, che va usata soprattutto in tempi di crisi economica e di contrazione del mercato, l’advertising è spesso una delle prime voci che subisce la scure dei tagli di budget.

La mia impressione è che questa tendenza sia corretta per via delle distorsioni che stanno emergendo soprattutto nei nuovi media. Nel primo trimestre 2012 la diminuzione degli investimenti pubblicitari sfiora le 2 cifre percentuali e vista questa homepage di un noto sito italiano di informazione, non posso negare che probabilmente sarebbe meglio chiudere i rubinetti immediatamente per campagne di questo tipo.

Sebbene sia controproducente abbandonare l’arena della comunicazione perchè comporta una immediata frenata nelle vendite, soprattutto per i beni di largo consumo, molto sensibili alle campagne pubblicitarie, quello che si propone come advertising puo’ facilmente diventare un grande spreco di risorse economiche.
Partiamo dal presupposto di base che ogni azienda ritenga opportuno valutare la bontà di una campagna pubblicitaria attraverso il raggiungimento di obiettivi chiari e misurabili: con una indicazione oggettiva, il ROI. Senza addentrarsi in decaloghi reperibili ovunque sul tema specifico, trovo piu’ importante dare uno sguardo allo scenario attuale e individuare opportunità e problematiche strutturali.

Tempo fruizione mass media

Se analizziamo i dati relativi al tempo dedicato dall’utente-consumatore alla fruizione dei mezzi di comunicazione scopriamo che vi sono strumenti largamente sottovalutati, come il mobile advertising e altri decisamente sopravvalutati come la stampa . Questo significa che, fatti i dovuti distinguo per fruizione del mezzo in base al target di riferimento, la spesa pubblicitaria dovrebbe essere ottimizzata e indirizzata su strumenti nuovi. Questo per tre fondamentali motivi:

• il primo è che molto banalmente la concorrenza in questi mezzi è inferiore: se il totale investito dal mercato è in media piu’ basso, il peso relativo della singola azienda sarà piu’ facilmente migliorabile (share of voice). Questo significa poter raggiungere alti livelli di visiblità, superando la soglia del rumore con minor investimento relativo
• il secondo è il valore aggiunto che comporta essere presenti su nuovi canali, inaspettati. Quando un annuncio pubblicitario è presente dove il pubblico non se lo aspetta, ha un maggiore impatto ed efficacia: è noto che l’utente per non sprecare attenzione di fronte ai piu’ svariati stimoli pubblicitari adotta inconsciamente un filtro ad essi (questo spiega il tasso di CTR pubblicitario piu’ basso per gli utenti piu’ “esperti”)
• il terzo è un elemento di distinzione rispetto alla concorrenza. Il canale pubblicitario non è appunto solo un mezzo per veicolare il messaggio, ma spesso si fonde con esso e dà una connotazione all’annuncio e al brand stesso

Fino a qui la situazione è piuttosto chiara e le aziende hanno recepito molto velocemente queste novità in campo pubblicitario. Internet sembra mantenere invariati gli investimenti rispetto al generale calo della spesa per l’advertising. Un po’ perchè c’è consapevolezza delle potenzialità del digitale, ma forse anche perchè tutto sommato risulta ancora uno strumento piu’ economico di quelli tradizionali.

L’elemento critico, di potenziale spreco di risorse, risiede nell’implementazione delle campagne online. Lo strumento piu’ semplice e utilizzato è il display advertising perchè, a torto, si ritiene che non presuma una conoscenza del mezzo cosi’ raffinata, è di facile implementazione e assomiglia molto, nella meccanica e negli obiettivi, all’advertising offline. Di per sè non è una forma di annuncio biasimevole, certo ha dei limiti, ma puo’ portare a dei risultati di brand awareness interessanti, d’altro canto è forse la piu’ complessa di quelle a disposizione online per valutarne ed ottimizzarne il ROI. Innanzitutto focalizzare l’attenzione sul classico metro del CPM (costo per mille visualizzazioni) per il display advertising risulta controproducente. Si basa sul principio dei GRP, ma mentre questo era ed è un utile termometro della portata della campagna su mezzi classici, il CPM non rende idea della sua efficacia nel mondo digitale: è una misurazione di costo, non di risultato qualitativo. Se valutiamo il suggerimento di passare ad uno strumento piuttosto difficile da implementare come il Real CPM per misurare meglio l’efficacia dei banner, non si puo’ certo dire che stiamo risolvendo molto. Il vero punto di attenzione, che si rischia di perdere di vista, sta nel valutare la modalità con cui si cattura l’attenzione dell’utente in modo da far arrivare il messaggio. Al di là della share of voice all’interno della pagina, che è fondamentale, bisognerebbe sostituire la tendenza a supplire la mancanza di creatività con l’invasività degli annunci.

Per far fronte al fenomeno assai diffuso di abbassamento del CTR dovuto alla maggiore esperienza degli utenti, i siti catalizzatori di traffico, spingono forme di banneristica sempre piu’ pervasive che obbligano a fruire l’annuncio. Negli ultimi tempi, non solo annunci di tipo tabellare occupano l’intero schermo, ma addirittura video pubblicitari partono in automatico all’apertura della pagina.

Inutile dire che non c’è niente di peggio che perseguitare l’utente con il messaggio pubblicitario.
Di fronte ad offerte pubblicitarie di questo tipo il brand dovrebbe valutare se non sia il caso di investire in meccaniche pubblicitarie piu’ creative, per ottenere attenzione di qualità dagli utenti mentre fruiscono il messaggio.
Certo, una strategia pull si basa su alti standard creativi, che pero’ son difficili da ottenere rispetto a metodi del genere: come spesso accade, la crisi economica nasce da crisi di idee.
Questa ne è un esempio.

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Senior Marketing and Brand Manager with over 9 years experience in Luxury and Lifestyle Brands with a proven track record in managing complex multichannel marketing projects. Goal oriented inspirational leader with a strategic thinking and a hands‐on approach towards problem solving. Extensive knowledge of the luxury market of watches, jewellery, leather goods, textile, accessories, eyewear and fragrances. Expertise in outlining, leading and implementing multichannel marketing strategies at global level with strong focus on digital and new media. Extensive knowledge of web marketing tools, e‐commerce business start up and expansion and CRM optimisation to maximise ROI of promotional activities.