Risk management e Crisis Management: cosa sono?Ogni azienda parla costantemente verso l’esterno con cinque macro-interlocutori: gli azionisti, i dipendenti, le istituzioni, i clienti e l’opinione pubblica. L’azienda che comunica con efficacia è quella che persegue i suoi obiettivi dialogando e ascoltando ogni interlocutore, dosando il giusto mix di comunicazione.

Al fine di imparare a gestire una crisi è importante tenere presente la presenza di questi interlocutori verso i quali è necessario attivare – afferma Patrick Trancuun flusso di comunicazione, commentare “per primi” e gestire il processo di comunicazione, senza subirlo.

Da subito si può infatti far trasparire la percezione che l’organizzazione ha di sé, i principi etici che la guidano, l’immagine che si vuole trasmettere.

Anche secondo Eva Jannotti sono la trasparenza dei comportamenti, la disponibilità a fornire dati, cifre e ogni elemento utile a comprendere le cause e le origini dell’emergenza, insieme ad una informazione chiara, gli elementi indispensabili per essere credibili e autorevoli nel processo di comunicazione. Per raggiungere questo obiettivo va quindi effettuata un’approfondita analisi della vulnerabilità dell’azienda, stilando una lista dei punti deboli. Questa fase richiede molto tempo e va implementata con una costante attività di monitoraggio delle issues critiche. L’obiettivo è quello di costruire una scala di priorità che consenta di valutare le situazioni più probabili in modo da diffondere, in tutta l’organizzazione, cultura e attenzione per la crisi e la sua gestione. Il modo in cui la crisi viene gestita ha profonde conseguenze sulla possibilità e sulla velocità di recupero dell’azienda. Se quest’ultima non è preparata ad affrontarla, il rischio è di non riuscire a mantenere il controllo degli avvenimenti e delle loro conseguenze. Spesso invece è la paura a colpire e a guidare i vertici dell’organizzazione colpita dalla crisi; è la paura che induce l’organizzazione a gestire in modo inadeguato la situazione e, talvolta, a rinunciare alla gestione della crisi stessa, cedendo al peggiore degli atteggiamenti: l’immobilismo. Obiettivo del professionista che si occupa di crisis management è quello di ristabilire ordine in una situazione che rischia di degenerare, salvaguardando la sicurezza delle persone, garantendo la business continuity, proteggendo il patrimonio aziendale e la sua reputazione. In sintesi: ridurre al minimo i rischi.

Per gestire efficacemente le situazioni di crisi vanno quindi approfonditi due aspetti:

  • Uno di prevenzione (gestione del rischio: risk management)
  • L’altro di preparazione al controllo dell’avvenimento qualora si verificasse (gestione della crisi: crisis management).

Nella fase di gestione del rischio vanno analizzati, come abbiamo visto, tutti gli avvenimenti critici a cui l’azienda potrebbe essere esposta e vanno attentamente studiate le possibilità e la gravità del danno, sia in termini economici che della reputazione.

“Prevedere per prevenire”: così definisce questa fase Emanuele Invernizzi. Nella fase di gestione della crisi l’azienda si prepara invece ad affrontare avvenimenti nell’eventualità che le azioni di prevenzione non risultino sufficienti a evitare la crisi.

Questi, in sintesi, alcuni principi e linee guida da tenere presente per imparare a gestire la crisi:

  • la crisi non è un fatto imponderabile e non va mai sottovalutata;
  • è necessario prepararsi quando nulla la lascia prevedere (programmare per proteggersi);
  • tutti devono conoscere il ruolo ed i comportamenti da adottare per contribuire ad isolare l’avvenimento e/o limitare i danni (procedure di allertamento e di intervento);
  • va identificata un’unità di crisi (task force) che ha il compito di gestire tutte le fasi dell’evento;
  • dire sempre la verità; evitare le false dichiarazioni ed i no comment;
  • comprendere a affrontare le preoccupazioni, le ansie e le paure dei pubblici coinvolti direttamente dalla situazione;
  • offrire la massima fiducia agli specialisti (avvocati e/o tecnici del settore), ma affidare i rapporti con l’opinione pubblica, i clienti, i mass media ad un esperto di comunicazione (meglio se ad un esperto di “comunicazione di crisi”) e centralizzare il flusso delle informazioni, sia verso l’interno che verso l’esterno;
  • non cullarsi nell’idea o nella speranza che la crisi termini da sola e, soprattutto, senza lasciare danni;
  • isolare la gestione della crisi dall’ordinaria amministrazione;
  • prendere coscienza che la fine di una crisi comporta sempre una rinuncia, un’assunzione di responsabilità, un accordo (meglio un sacrificio consapevole oggi che un “ritorno” amplificato domani);
  • nella fase di pianificazione e di gestione assumere sempre l’ipotesi peggiore;
  • identificare ed eventualmente mobilitare potenziali alleati;
  • quando si valutano i danni vanno considerati sia quelli economici (di mercato) che quelli all’immagine e alla reputazione aziendale.