L’affermarsi dei media sociali quali modalità abituale di relazione tra cittadini, media, politica e istituzioni, ha scardinato il ruolo tradizionale degli intermediari dell’interazione comunicativa.

I politici, gli amministratori, la pubblica amministrazione in generale, soccomberanno sotto il buzz dei social network, sepolti da conversazioni in cui offese, denigrazioni e relazioni personalizzate divengono l’orizzonte brevissimo della comunicazione di pubblico interesse?

L’affermarsi dei social network come modalità comune e abituale della relazione tra cittadini, media, politica e istituzioni, ha creato una sfera pubblica immediata in cui non solo diventa estremamente difficile la costruzione di una relazione dotata di senso e duratura nel tempo tra i diversi soggetti, ma interroga il ruolo che ancora possono avere i soggetti che svolgono il complesso ruolo di intermediari dell’interazione comunicativa. In definitiva che controllo simbolico è ancora possibile nella comunicazione sui social network?

Una struttura reticolare e tendenzialmente trasparente come quella dei social, definisce campi in cui le relazioni di potere e i rapporti di forza simbolici vengono stravolti. L’amministratore pubblico si trova direttamente coinvolto in dibattiti istantanei che riguardano le decisioni di cui è responsabile, le sue intenzioni, le sue posizioni politiche. E’ soggetto, insomma, a un processo di rendicontazione in tempo reale che appare il trionfo della trasparenza amministrativa, ma al contempo pone nuove questioni. L’amministratore e il politico, perdono, in gran parte, il vantaggio, il potere, che hanno sempre avuto: la possibilità di costruire il messaggio, di plasmare i simboli in modo da rendere più efficace, più persuasiva, più comprensibile, più politicamente gestibile la comunicazione. I cittadini si trovano nella disponibilità di un potere prima sconosciuto, o conosciuto solo in parte: la possibilità di sottoporre questioni personalissime a politici, amministratori e uffici e di avere, o pretendere, una risposta immediata e di controllarne la veridicità.

La strategia e le tecniche di comunicazione digitale possono soccorrere operatori e soggetti pubblici. Le policy in cui si precisa che comportamento si intende tenere nella propria comunicazione in rete, la costruzione di strategie di medio o lungo periodo in cui si stimolano le interazioni orizzontali piuttosto che tra utenti e titolare della pagina o dell’account, sono, come suggerisce in una sua riflessione, Augusto Valeriani, metodi utili, per non dire indispensabili, per la costruzione di un’ecologia della sfera pubblica e politica digitale. D’altra parte, rimane il fatto che lo sviluppo dei social network, e la riduzione del digital divide, hanno ristrutturato la “microfisica del potere” all’interno della comunicazione. E al politico o amministratore non resta che stare al gioco: soccombere all’istantaneo o mettere in atto tattiche.

La trasparenza, la simmetria (alcuni dicono la democrazia) dei social network, non appaiono così diverse a ben guardare da quelle dei media tradizionali. La strutturale asimmetria di Twitter, ad esempio, ha fatto sì che al suo interno si siano generati veri e propri fenomeni di broadcasting di stampo novecentesco, in cui pochi utenti sono in grado di selezionare temi di dibattito, contenuti e definire l’agenda di centinaia di migliaia di followers.

E allora che risposta diamo alla domanda di partenza? Politici e amministratori si devono rassegnare? Ed è possibile e in che modo una qualche forma di controllo simbolico sui contenuti e sugli strumenti di comunicazione che fluiscono sui social network? Una prima parziale risposta è per Matteo Colle positiva per entrambi i quesiti. I politici e gli amministratori si rassegnino e comincino a pensare che è fondamentale una rendicontazione permanente del loro lavoro, che le decisioni amministrative devono nascere incorporando la loro dimensione social-mediata e comunicativa. Ciò significa non solo cambiare approccio al modo di relazionarsi con il proprio pubblico, ma investire in un ripensamento funzionale e strutturale delle organizzazioni, politiche o pubbliche che siano. Si rassegnino al fatto che si sono ridotte le riserve simboliche e di potere su cui potevano contare: informazioni, linguaggio, conoscenze e relazioni che rappresentavano un capitale simbolico esclusivo si è sgretolato per divenire sempre più diffuso.

D’altra parte come tutti i media anche i social non sono immuni dalle dinamiche editoriali e di consumo che ben conosciamo. E’ possibile che siano quanto di più simile a un territorio trasparente e democratico abbiamo conosciuto fino ad oggi, ma rimane il fatto che per usarli con efficacia occorrono tecniche e tattiche che non sono appannaggio di tutti, servono investimenti formativi, tecnologici e in risorse umane. E da ultimo, ma non meno importante, serve una nuova o rinnovata intelligenza rappresentativa, una capacità di riscrittura dei linguaggi e dei capitali simbolici da utilizzare nel dialogo con i cittadini.

di Matteo Colle – FERPI