Martedì scorso alle ore 10.30 nell’aula 2 della sede di Via Conservatorio dell’Università di Milano è iniziata la quinta edizione del laboratorio di Social Media Marketing. Il laboratorio è parte del curriculum di Economia Europea e Comunicazione e Società. Quest’anno il numero degli iscritti – 40 – è ulteriormente cresciuto. Sino ad oggi sono stati formati un centinaio di studenti. Hanno partecipato una settantina di imprese provenienti da quattro aree principali: provincia di Treviso; provincia di Venezia; Emilia Romagna, e distretto della Brianza. Tutto questo è stato reso possibile anche attraverso la collaborazione con associazioni imprenditoriali locali e regionali: FUT – Formazione Unindustria Treviso; CNA Innovazione (Emilia Romagna); Confartigianato Monza-Brianza.
Quest’anno sono state introdotte alcune novità. In prima luogo, il nome del laboratorio è cambiato. Fino all’anno scorso, il laboratorio si occupava esclusivamente di Search Marketing su Google. Quest’anno, si è deciso, di estendere il programma al marketing sui principali social. Gli studenti avranno quindi l’opportunità di imparare a gestire il posizionamento di un’impresa anche su Facebook, Twitter e Google Plus. La seconda novità sono gli strumenti. Non potevamo continuare a fare un laboratorio sui social media senza utilizzarli per promuovere e gestire il laboratorio stesso. Sono stati creati: una sito web, dove gli studenti possono loggarsi, per avere accesso alle lezioni e ai materiali di supporto; una pagina Facebook, dove sono postate tutte le novità e i link a materiali ed eventi di interesse; un canale twitter integrato a Facebook, dove è possibile seguire anche il flusso della lezione; un gruppo Facebook, dove gli studenti possono condividere materiali e discutere problemi insieme ai loro tutor.
La metodologia non è cambiata. Anche quest’anno, l’attività del laboratorio è legata al Google Marketing Challenge. Quest’ultimo, è stato anch’esso esteso in senso social. È prevista, infatti, la possibilità di utilizzare, oltre ad AdWords, Google +. Il numero dei partecipanti al Challenge, quest’anno, ha superato quota 50.000 distribuiti in oltre 100 paesi. Il programma del laboratorio prevede 10 ore di didattica frontale, durante le quali gli studenti apprenderanno l’uso dei principali strumenti a disposizione, e 10 ore di auto-apprendimento, supportato da strumenti multimediali disponibili in Rete e selezionati dai docenti. Terminata la fase formativa, gli studenti saranno divisi in gruppi. Ciascun gruppo avrà il compito di gestire il posizionamento a pagamento e su Google + per contro di un’impresa, precedentemente selezionata sulla base di alcuni criteri in stretta collaborazione con i nostri partner territoriali. La durata della campagna è di tre settimane. Terminate, il gruppo deve inviare un rapporto sull’attività svolta e i risultati conseguiti a Google. La valutazione avviene prima su base statistica e, successivamente, su base qualitativa, da parte di una commissione internazionale di docenti di marketing.
Perché costruire un laboratorio di social media marketing legato al Google Marketing Challenge?
Le ragioni principali sono due.
Gli studenti hanno l’opportunità di confrontarsi con il modo dell’impresa potendo mettere in pratica le conoscenze teoriche apprese durante i corsi di marketing. Esistono altri strumenti. Il Challenge ha il vantaggio di coinvolgerli in un progetto completo – una campagna di posizionamento -, in collaborazione con un tutor universitario e richiedere la capacità di applicare molti degli strumenti di marketing precedentemente appresi. Il Challenge, in questa prospettiva, rappresenta una piattaforma applicativa, dove gli studenti possono realmente cimentarsi con il significato di categorie quali posizionamento, segmentazione, targeting, geo-localizzazione etc.
La seconda ragione è la scelta di Google di indirizzare questa opportunità alla piccola e media impresa. Le piccole e media imprese, specialmente in Italia, hanno delle grosse difficolta a confrontarsi con questi strumenti. Semplicemente non rientrano nel background culturale di molti imprenditori, che si sono fatti le ossa nel mondo della produzione ed hanno imparato a fare prodotti innovativi e qualitativamente superiori, ma danno ancora scarso risalto al trasferimento di valore al mercato. Parte di questo deficit, in alcuni casi, è stato colmato attraverso il ricambio generazionale. Ma, come evidenziato nell’approfondimento del Corriere della Sera di ieri (11 Marzo 2012) sull’agenda digitale, il ritardo, rispetto agli altri Paesi europei, resta ancora grave. Il Challenge, per queste imprese, rappresenta l’opportunità per sperimentare a costo pressoché nullo il potenziale di questi strumenti. Un potenziale che è, per molti versi, enorme. In Rete, infatti, vince chi ha una storia unica da raccontare. E le nostre imprese sono ricche di queste storie, ma non le sanno raccontare. La nostra esperienza, al riguardo, ci insegna che la maggioranza resta positivamente impressionata da ciò che si può ottenere da una attività così breve com’è il Challenge. Malgrado ciò, non sono molte a continuare. Questo perché i costi associati allo sviluppo di una vera strategia web sono tuttora percepiti come troppo alti.
Quindi, ci sarebbe bisogno di uno stimolo ulteriore – un percorso di accompagnamento – che aiuti le imprese a fare il passo successivo. Stiamo lavorando anche su questo, ma sarà tema della prossima puntata. Chi non riesce ad aspettare può tenere sott’occhio nelle prossime settimane la pagina Lab di FrogMarketing in fase di costruzione. A breve troverete diverse novità in merito…
Chiudo, con una riflessione più ampia. L’esperienza del laboratorio in questi anni mi ha portato a concludere che sia necessario rivedere i modi in cui Noi insegniamo all’Università e, forse, anche il ruolo stesso dell’Università. Sono d’accordo con Ken Robinson quando afferma che la scuola, ma anche l’università, uccide la creatività. Non lascia alcuno spazio per esprimere il proprio talento, la propria individualità e la proprie capacità innate od acquisite. La disaffezione di molti startupper, si veda a riguardo l’inchiesta del Corriere della Sera sempre di ieri, nei confronti dell’Università evidenzia proprio questo. Non riescono a trovare collocazione in un sistema che chiede loro di eseguire il compitino standard. Le attività di laboratorio, in questo quadro, possono dare una prima risposta. I laboratori, infatti, sono dei luoghi dove gli studenti possono esprimere se stessi, la propria creatività e le proprie capacità integrando in modo continuativo conoscenza ed esperienza all’interno di progetti che hanno un applicazione ed un significato reale.