Ho rivisto proprio ieri Midnight in Paris, l’ultimo film di Woody Allen. Il protagonista è un aspirante scrittore che, durante un soggiorno a Parigi, viaggia ogni notte indietro nel tempo. E’ la Parigi degli anni ’20, l’affascinante epoca in cui viene catapultato: proprio quella in cui avrebbe sempre sognato di vivere, affamato di quella fervida cultura di cui si sente privo. Ispirati da questo racconto, immaginiamo un viaggio nella storia della pubblicità: quale epoca scegliereste? Qual è quella che più delle altre ha lasciato il segno nel mondo della comunicazione?

Sarebbe difficile affrontare qui l’intero percorso di una storia lunga e densa di metamorfosi. Ma vi propongo tre tappe che sono a mio avviso me significative e ricche di fascino. Silenzio in sala, luci, azione!

I manifesti artistici

Seconda metà dell’800. Oltre ai quotidiani la pubblicità trova un importante canale di comunicazione: i manifestiImmagini, parole, colore si fondono, dando vita a delle vere e proprie espressioni artistiche! E’ Parigi a vedere la nascita del manifesto moderno come mezzo di informazione, comunicazione culturale e propaganda pubblicitaria. Chi non conosce le locandine di Henri de Toulouse-Lautrec dedicate al Moulin Rouge? I suoi soggetti e i contatti del pittore con la cultura e la Parigi del secolo sono stati determinanti nella formazione di un legame indissolubile tra arte e creazione pubblicitaria, ma anche tra quest’ultima e il contesto sociale che rappresenta: i manifesti come specchio della società.

Toulouse‐Lautrec elimina le didascalie illustrative ed introduce un principio che trova massima espressione nella comunicazione pubblicitaria contemporanea: comunicare un sentimento di appartenenza a un’élite elegante e raffinata, piuttosto che mostrare ed evidenziare il prodotto offerto. L’immagine del cartellone pubblicitario era divenuta talmente forte e facilmente identificabile con il prodotto o il servizio reclamizzato, da rendere superflua ogni descrizione e da poter essere facilmente compresa anche da un pubblico analfabeta.

I manifesti pubblicitari hanno rappresentano per tutto il corso del Novecento un importante campo di sperimentazione comunicativa e sopravvivono tutt’oggi nella loro versione più estrema, le pagine animate di un sito web. Ma credo che la loro espressione migliore sia stata quella delle origini – portata avanti negli anni della Avanguardie – proprio per questa caratterizzazione artigianale e autenticamente artistica.

Il Carosello

Italia, secondo dopoguerra. La réclame inizia ad essere connotata come qualcosa di negativo e da questo terreno fertile prende vita una forma di pubblicità televisiva unica al mondo: Carosello, una serie di filmati a puntate, seguiti da uno slogan. Siparietti comici, molto vicini alla cultura popolare, rappresentano il tentativo di integrare la nascente società dei consumi in un contesto legato alla tradizione nazionale. Sugli schermi degli italiani compaiono l’ippopotamo Pippo, testimonial dei pannolini Lines e Carmencita, portavoce del caffè Lavazza, accompagnata dall’inseparabile Caballero; un successo sorprendente che rende i due personaggi delle vere e proprie star, mentre le due aziende entrano prepotentemente nelle case di tutti gli italiani.

Carosello non può essere considerato semplicemente un contenitore di messaggi pubblicitari: la trama dello sketch è di per sé estranea al prodotto: è uno spettacolo dove il brand passa in secondo piano. Per questo è rimasta fra le trasmissioni televisive più amate, rappresentando un tipico appuntamento della famiglia italiana. E tutti a letto dopo Carosello! 😉

Invertising

E veniamo ai giorni nostri. Prendo spunto dal titolo del libro di uno dei comunicatori di maggior rilievo nel mondo pubblicitario: Paolo Iabichino, direttore creativo di Ogilvy. Invertising rappresenta un’inversione ad u rispetto all’advertising tradizionale, un passaggio dal monologo al dialogo per proporre una pubblicità diversa, rilevante e più vicina alle persone. E’ ormai superata e inefficace la comunicazione di tipo “push”, dove viene spinto un messaggio pubblicitario rivolto ad un target di massa. Per questo Iabichino suggerisce nuovi paradigmi che coinvolgano le persone (come ai tempi del Carosello!): la creatività diventa fondamentale per catalizzare l’attenzione del pubblico, che non dev’essere considerato semplicemente come target. Si cerca di ottenere consenso, non di persuadere. Si passa dalle idee agli ideali, dal contatto alla connessione, dall’estetica all’etica.

Un cambiamento dovuto e strettamente legato ad una nuova consapevolezza del cliente, più critico e informato. E alle dinamiche del web 2.0, che hanno avvicinato utenti ed aziende in un “rinnovato patto di fiducia”.

Questa è la fase che preferisco, quella di oggi, la fase dell’inversione di rotta. Quella dove finalmente dopo anni caratterizzati da una comunicazione a senso unico, si apre lo spiraglio di un dialogo autentico con quello che non è più corretto chiamare consumatore, ma “utente”.

Cosa ne pensate? Dove fermereste la vostra macchina del tempo?

[Fonti: L’evoluzione del manifesto artistico, Alessandro Zilio – Invertising, Paolo Iabichino]