
Ultimamente passo le giornate su siti di webcam che mi mostrano la situazione delle piste dolomitiche in tempo reale. Un po’ come fa un bambino quando è costretto a casa dal maltempo rimango davanti allo schermo sperando che da un momento all’altro scendano 50 centimetri di neve al giorno così da poter prendere il mio snowboard e partire lasciandomi dietro la città.
Nel frattempo fantastico e penso a come la mia amata tavola sia l’esempio lampante del cambiamento dei tempi e non solo per la lotta continua del bene contro il male (snowboard vs. sci) ma anche come caso scolastico dell’evoluzione del consumo e delle sempre maggiori conoscenze che i consumatori hanno e che concorrono ai processi di innovazione.
Secondo la leggenda due sono i momenti salienti di questa attività che ad oggi conta su circa 3,5 milioni di adepti. il 1929 è la data del primo documentato di rudimentale snowboard quando cioè Jack Burchett, un costruttore di slitte, tagliò un pezzo di legno piatto con dei lacci di stoffa per i piedi. L’altra data da ricordare è il 1963 quando Sherman Popper, un ingegnere chimico, per far giocare i propri figli inventò un attrezzo che battezzo snurfer (fusione di snow e surfer).
Nelle frasi precedenti è lampante come io stesso mi senta parte integrante della comunità mondiale dei surfer ed è proprio qui il centro della questione.
Diversi studi hanno notato come sempre più spesso in molti mercati di consumo alternativo i prodotti le caratteristiche di eccellenza non sono gli unici fattori determinanti del valore percepito da parte dei clienti.
Lampante a questo punto risulta il fatto che i sistemi di innovazione chiusi diventano inefficienti se applicati in via esclusiva nei processi di creazione di nuovi prodotti sia da un punto di vista di risposta al mercato che da un punto di vista finanziario dove, la riduzione del ciclo di vita del prodotto e aumento del costo dello sviluppo contrae le rendite aziendali.
Le stesse pratiche di innovazioni sono caratterizzate da livelli di complessità crescenti. Le variabili da considerare sono diverse e vanno dalla tecnologia in rapido progresso, ai significati propri della marca per il cliente ad aspetti puramente estetici come il design.
La ricerca e sviluppo cambia diventando un’azione più complessa che richiede un certo grado di specializzazione e la capacità di collaborazione tra imprese ed attori, spesso i consumatori stessi, in grado di generare conoscenza utile a rispondere alle diverse esigenze della domanda.
Pine e Gilmore (2007) hanno evidenziato come i consumatori percepiscono, ormai, che molte imprese concorrenti sono equivalenti in termini capacità di produzione e di innovazione, fattori questi che vengono consideratati come il minimo comune denominatore di tutte le offerte alternative che entrano nel loro processi decisionali e non più come discriminante per la scelta di consumo a discapito dei rendimenti derivanti dagli investimenti in attività di innovazione tecnologica.
Le aziende stesse non possono tralasciare il rapporto con i consumatori vista anche l’evoluzione degli stessi in termini di capacità e di consapevolezza nel consumo oltre che di competenze tecniche il che fa si che questi attori concorrano all’innovazione dei prodotti che utilizzano.
L’evoluzione del consumo, quindi, ha portato il modello di closed innovation a subire profonde modifiche a livello di vantaggi strategici apportati ai sistemi aziendali. Ad un aumento della spesa dei costi di sviluppo derivanti dal cambiamento delle caratteristiche di consumo non deriva più un vantaggio competitivo duraturo che sommato alle nuove dinamiche che investono il consumatore, richiedono sforzi continui in processi di R&D che erodono il margine di rendimento delle innovazioni stesse e chiedono la ricerca di modelli di innovazione più sostenibile.
Con il consumatore attuale, che cerca si caratteri tecnici nei prodotti (e che spesso concorre nella fase di implementazione nei prodotti con dinamiche di prova ed errore) ma anche caratteri immateriali di design ed emozionali, la Ford T Nera, simbolo del modello fordista e precursore della closed innovation, farebbe poca strada.
Buona neve a tutti… Speriamo!