Voi cosa rispondereste?
Nicholas Carr, giornalista e autore di saggi sul rapporto tra tecnologia e società, cogliendone lo spunto si chiede: “Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervello” (Cortina editore, 2011)
Il libro è complesso e frutto di una ricerca molto accurata, ma vale la pena seguirne alcuni passaggi.
Le tecnologie possono essere divise sommariamente in quattro gruppi.
Un primo gruppo aumenta le nostre potenzialità fisiche: l’aratro, l’automobile, la gru.
Un secondo gruppo aumenta o estende i nostri sensi: microscopio, cannocchiale, amplificatore.
Un terzo gruppo ci aiuta a dare nuova forma alla natura: dighe, colture, ogm.
Un quarto gruppo potenzia le nostre capacità intellettuali, per esempio: l’orologio, la carta geografica e, naturalmente, la Rete.
Ogni tecnologia modifica le nostre capacità manuali o mentali. Ma, se nel caso dei primi tre gruppi il mutamento è consapevole ed evidente, per le tecnologie intellettuali l’influenza che ha su di noi non è immediatamente chiara. Nessuno poteva immaginare come l’utilizzo della carta geografica avrebbe modificato la nostra capacità di astrazione.
Il libro di Carr inizia intervistando alcuni ricercatori universitari che affermano, con un certo candore, di non riuscire più a leggere un libro intero. Non solo perché riescono a trovare velocemente le informazioni necessarie in Rete, ma soprattutto perché non riescono più a concentrarsi.
“Una volta ero un subacqueo nel mondo delle parole. Adesso passo a gran velocità sulla superficie come un ragazzino in acquascoter”, afferma uno di essi.
Probabilmente siamo arrivati ad un momento di transizione tra due modalità di pensiero molto diverse.
Da una parte la mente lineare che ci permetteva di leggere un libro, anche complesso, seguendone il filo logico del ragionamento. Modalità dominante negli ultimi secoli.
Dall’altra una mente non-lineare, che si ciba di pacchetti, scatti di informazione sconnessi e spesso sovrapposti.
Lo schermo è ben diverso dalla pagina di un libro. Quando entriamo on line siamo in un mondo che per sua natura spezzetta e disperde la nostra attenzione, cerca continuamente di portarci fuori (link) dalla linea che cercavamo di seguire. È possibile provare ad essere lineari, ma è il tipo di tecnologia, per come è strutturata, a scoraggiarci.
“Ragionevolmente se il tempo impiegato sul Web rimpiazza completamente quello della lettura; se ci dedichiamo più a scambiarci bocconcini di messaggi invece che comporre frasi e paragrafi i circuiti neurali che presiedono a quelle funzioni lentamente si indeboliscono”, afferma Carr, sostenuto da varie ricerche in merito.
Piccola digressione neurale semplice
La nostra intelligenza è in gran parte la nostra memoria e le connessioni attivate dentro di essa.
Quelle che apprendiamo, per essere fissato nella memoria a lungo termine e divenire ricordo, passa in un piccolo imbuto che si chiama memoria di lavoro. Quest’ultima è un block-notes dove appuntiamo quello che deve essere trasferito nell’archivio secondo priorità.
Il blocco di appunti è molto piccolo. Da due a quattro “elementi” per istante, si ipotizza.
Per esemplificare è come riempire una vasca da bagno (memoria a lungo termine) con un ditale (memoria di lavoro). Il flusso di informazioni deve essere calibrato sul ditale.
La Rete è un centinaio di rubinetti aperti.
Il ditale lavora disperatamente per raccogliere tutta l’acqua dei rubinetti, ma inevitabilmente ne perde più di quella che riesce a raccogliere.
Quando la memoria di lavoro è sovraccarica non è più efficiente e fatica a discernere tra informazioni importanti e non importanti.
Fine
Qual’è lo strumento che ci permette di ricordare, di appuntare sul blocco gli elementi con la giusta priorità? La nostra attenzione. Qualità che la mente non lineare, continuamente travolta dalla quantità di informazione e distratta dal richiamo del link, pare non avere.
Allora la Rete ci rende stupidi? Dipende. Nessuno strumento è positivo o negativo, ma ogni strumento mette in atto un mutamento di cui è necessario essere consapevoli per poterlo usare senza esserne usati.