Twittare è un’arte, con le sue regole. Il social dei cinguettii non nasce solamente per esprimere un pensiero o evidenziare i propri link d’interesse: i messaggi devono diffondersi – come un eco – e creare una conversazione – umana. Chi cinguetta da solo, muore da solo (digitalmente parlando, ovviamente!).
140 caratteri a disposizione: questo lo spazio concesso per creare il proprio post. Una semplicità solo apparente, perché le regole e gli stratagemmi per twittare con efficacia ci sono e sono importanti! Di seguito elencati i principi basilari, gli “imprescindibili 5”. Per cinguettatori alle prime armi e per veterani smarriti nel bosco.
Il dono della sintesi
Less is more. In questo contesto più che mai, perché la sintesi è obbligata! Twitter è categorico: vietato sforare, anche di un solo carattere. Imparare a riassumere pensieri e concetti è salutare, ma soprattutto fa bene a chi legge: la prolissità annoia e questo fantastico strumento piace proprio per la sua immediatezza. Potrà sembrare difficile, i primi tempi, incastrare frasi uno spazio così piccolo. Tagliando ci sembrerà di alterare il significato del nostro messaggio, salvo poi scoprire – con l’esercizio – che è possibile dire le stesse cose con la metà delle parole. Un esempio?
“Venerdì 23 settembre si terrà a Vicenza il convegno avente per tema “La conservazione degli ortofrutticoli” organizzato dalla Confederazione Italiana Agricoltori. Appuntamento presso l’hotel Arion, alle ore 10.00. “
“23/9 Convegno #CIA: “La conservazione degli ortofrutticoli”, hotel Arion h 10:00 #Vicenza”
Nel primo caso sforiamo di 77 caratteri, nel secondo ne avanziamo 47. Spazio utile per aggiungere il link al programma, ad esempio, opportunamente caricato nel sito della Confederazione. Abbiamo inoltre sfruttato gli “hashtags”, fondamentali per contestualizzare il post, come vedremo nel prossimo punto.
Suggerimento: il plug-in Shareaholic, una delle sue funzionalità è quella di accorciare i link.
Hashtag: più difficile a dirsi che a farsi
No non è una imprecazione araba. Bensì un trucco per mettere in relazione contenuti simili. Apponendo il simbolo cancelletto (#) davanti ad una parola, la stessa comparirà nel motore di ricerca. Un utente che desidera sapere cosa si cinguetta riguardo la manovra finanziaria, scriverà #manovra e i risultati della ricerca elencheranno tutti i tweet riguardanti quell’argomento.
L’hashtag è facile ed intuitivo ed è utile per far emergere il proprio tweet oltre il rumore della rete, ma attenzione: usare con parsimonia! Non ci piace la confusione. Inoltre, prima di scegliere come formularlo, è opportuno uno screening: se tutti parlano di #crisi_di_astinenza e voi taggate #crisidiastinenza, meritate la castità.
Suggerimento: follow @hashtags.
I freddi, glaciali, post impersonali
Che noia. Esprimete invece opinioni, conversate in maniera informale. Anche nei tweet automatici, è possibile aggiungere una parola, un pensiero vostro. Fatelo! Rendetelo personale. “Scaldare” il post non significa non essere professionali: ricordiamoci che siamo pur sempre in un social network, fatto per regalare opinioni e condividerle.
Non c’è niente di più triste di una bacheca con un elenco di tweet asettici, impersonali, meccanici. Ognuno sceglie di gestire il proprio account come meglio crede ma no surprise se un utente è portato a “sfolloware” (gergo adorabile) questo genere di profili. In ogni caso è bene non cullarsi sul numero di follower: a fare la differenza è la qualità della conversazione che riuscite ad attivare.
Suggerimento: be human!
Conversazioni, non monologhi
Lo scopo principe di Twitter è la conversazione. I post fini a se stessi, lasciano il tempo che trovano, se non stimolano il dialogo. Come attivarla? Attraverso contenuti interessanti, news che non hanno saturato la rete. E ancora suggerendo argomenti che coinvolgano gli utenti e li invitino a partecipare, allegando foto o segnalando la propria posizione geografica. Se pubblico il link ad un articolo, è utile menzionare nel post uno o più follower ai quali potrebbe interessare.
Non è facile ottenere risposte, lo sa bene chi usa questa piattaforma per scopi professionali: suggerire tematiche di un certo spessore ha probabilmente meno appeal di una discussione su Belen Rodriguez. Ma non diamoci per vinti: iniziamo, per esempio, ad essere noi i primi sostenitori delle conversazioni altrui…e questo ci conduce al principio numero 5.
Suggerimento: porre domande ai propri follower.
Viralità positiva
La viralità è uno dei cardini di Twitter e non si autogenera ma si alimenta con il contributo di tutta la comunità cinguettante. Il Retweet esiste, usatelo! Non rendete il vostro profilo la sagra del personal branding, sarebbe riduttivo per un social come Twitter. Il Retweet (RT) è una buona pratica e non ha controindicazioni! Favorisce l’engagement (coinvolgimento). Ѐ uno strumento che ci permette di diventare parti attive del dibattito; mi è capitato spesso di acquisire nuovi follower semplicemente partecipando ad una conversazione di terzi.
Altra onesta consuetudine è quella di non eliminare la fonte nei tweet automatici. Se leggo un articolo de La Repubblica, lo twitto e ne taglio la provenienza (o peggio ancora la username @repubblica.it, laddove citata), non è bello. Si perde il senso di Twitter. – Concesso solo in caso di mancanza di spazio.
Suggerimento: l’hashtag #FF (Follow Friday) vi permette di mettere in luce i vostri follower preferiti, citando i rispettivi nickname. Non usatelo il mercoledì, il nome ha il suo perché.
Quanto detto in precedenza non può prescindere da un buon contenuto. Lasciamo a Facebook i post della serie “buongiorno mondo”, “ho fame”, “che sonno” e scriviamo qualcosa che sia utile per la community (in chiave ironica, amichevole o professionale – basta che sia interessante). Scontato: questa non è una regola, perché rientra nel #buonsenso.
E ora, twittate (bene!).