Creatività: “l’arte o la capacità di creare e inventare”. Questo è quanto ci suggerisce sinteticamente Wikipedia. Ѐ difficile circoscrivere un concetto così vasto. Vasto quanto sottovalutato, aggiungo! Ed è proprio su questo aspetto che vorrei soffermarmi.


Ken Robinson – noto scrittore ed oratore, esperto in materia di educazione – sostiene che la scuola uccide la creatività: il sistema scolastico pubblico è venuto alla luce per rispondere ai bisogni dell’industrializzazione, le materie più proficue sono sempre state considerate la matematica e le lingue, mentre quelle artistiche risultano marginali (perché non funzionali alla professione!). Paul McCartney sosteneva di non essere mai stato capito a scuola, le sue attitudini non emergevano in quel contesto; ed è diventato uno dei Beatles. Uno straordinario musicista abile, non casualmente, anche nella recitazione e nella pittura.

Il sistema accademico ha plasmato il nostro modo di valutare l’intelligenza umana, valorizzando il ragionamento logico-razionale e stigmatizzando il talento creativo. Con l’inflazione di laureati attuale e la disoccupazione imperante, a fare la differenza potrebbe essere proprio un nuovo modo di impiegare la mente. Azzardo: se fossimo stati educati in maniera differente sapremmo fronteggiare questa rivoluzione, dominandola invece che subendola?

Non parlo di creatività legata unicamente a delle “idee vincenti”, mi riferisco ad un tipo di ragionamento open mind a partire dalle relazioni con le persone, aperto al cambiamento e all’apprendimento: quante volte rimaniamo ancorati alle nostre convinzioni appellandoci alla legge causa-effetto (“è così, perché è logico!”), mentre guardando le stesse cose da angolazioni diverse si aprono ai nostri occhi visioni nuove.

L’intelligenza è molto più varia di quello che ci hanno insegnato: Robinson ci ricorda che pensiamo visivamente, con i suoni, cinesteticamente, in termini astratti, in movimento. E, soprattutto, l’intelligenza è data dalla capacità di pensare integrando approcci disciplinari diversi. Questo mi porta a riflettere su quanto sia utile questo modo di impiegare la mente, nelle nuove occupazioni legate alla Rete.

Grazie alla rivoluzione digitale si sta delineando nel mercato l’esigenza di nuovi profili professionali, un ibrido tra informatici e comunicatori: hanno competenze tecniche, tecnologiche, ma devono saper curare anche i contenuti, scrivere (bene) e comunicare. Un contesto che si caratterizza per la sua immediatezza, dove i flussi informativi sono continui e le fonti illimitate, richiede la prontezza di abbandonare schemi di ragionamento standard in favore di un approccio innovativo. Il dialogo e l’interattività tipiche del Web 2.0 implicano il saper conversare con gli utenti. Utile quindi la valutazione secondo prospettive diverse, come detto in precedenza: ad un utente che commenta negativamente il mio prodotto, non posso rispondere che si sbaglia ed elencare elementi oggettivi a supporto della mia replica. Devo capire cosa lo conduce alla critica e individuare una risposta che lo sorprenda. Anche ammettendo di avere torto, se è la verità.

Sapere tecnologico ed umanistico, sinergia tra comparti e saperi diversi, tra artisti ed ingegneri. Immagino questo futuro grazie alla Rete, dando il giusto valore alla creatività.

L’immaginazione è più importante della conoscenza… E lo diceva un signore chiamato Albert Einstein.

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Parole e relazioni, sul web. La mia naturale inclinazione per la scrittura mi ha portato ad occuparmi con grande passione di strategie legate ai contenuti per il web (content strategy), quindi all''ideazione di piani editoriali, contest e narrazioni digitali consoni alle piattaforme social. I contenuti hanno acquisito sempre più valore per le strategie di posizionamento sui motori di ricerca, per questo ho iniziato ad occuparmi anche di scrittura per il web in ottica SEO.