Da qualche tempo stavo pensando di affrontare il tema del Social Learning e di come i Social Media possono migliorare la formazione, i processi cognitivi, l’educazione e i processi di apprendimento.

Le potenzialità comunicative di questi strumenti sono note a tutti ormai: ma dal punto di vista dell’educazione e della formazione?

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Innanzitutto cosa significa il termine Social Learning?

Da quando esiste l’uomo, possessore di linguaggio e della comunicazione, l’apprendimento si è sviluppato grazie alla socialità ed alla relazione con le altre persone. Che sia a voce o mediante una delle tecnologie che abbiamo a disposizione, l’apprendimento è relazione, comunicazione e l’esperienza umana ne è sempre il cuore.

Social Learning sicuramente non è la semplice applicazione dei media sociali all’interno di contesti educativi e formativi ma piuttosto un cambiamento culturale e un nuovo modo di fare e di imparare che, tra le altre cose, passa anche (ma non solo) per i media sociali.

George Siemens dell’Università di Manitoba che a proposito della gestione della conoscenza e dei processi di apprendimento già tempo fa scriveva:

To know today means to be connected. Knowledge moves too fast for learning to be only a product. We used to acquire knowledge by bringing it close to ourselves. We were said to possess it – to have it exist in our heads.We can no longer seek to possess all needed knowledge personally. We must store it in our friends or within technology.

Siemens sottolinea l’importanza di come si sta muovendo la conoscenza passando da una modalità unidirezionale a qualcosa di più fluido, più connesso, più interscambiabile. Afferma in modo specifico di come sia necessario cambiare impostazione mentale: non dobbiamo più pensare di diventare o di essere i depositari di una conoscenza o di una cultura bensì essere in grado di effettuare i collegamenti giusti, trovare la conoscenza nella tecnologia e nei nostri amici.

Sugata Mitra definisce la conoscenza, e l’apprendimento considerando l’educazione come un sistema auto-organizzante (in cui la struttura e l’organizzazione si affermano senza nessun intervento dall’esterno) di cui l’apprendimento è il fenomeno emergente.

Harold Jarche sul suo blog raccoglie interessanti citazioni e approfondimenti sul Social Learning e sul cambiamento dei paradigmi formativi. Ne riporto due:

In a fundamental way, all work is about learning: it is about learning to fit in and to collaborate, about learning to take initiative when appropriate, it is about really understanding customers, about acquiring intimate knowledge of the products and services the company sells and how they can fit into customers’ lives. Acknowledged as such or not, learning has to be an integral part of work. But, somehow, integrated [work+learning] activities have become split into the separate spheres of [work] and [training] which have come to be dominated by quite different interests.

This weekend, I was struck by a logic stick. If all learning is social, is all social learning? We know this is not automatically so, learned that in the intro to Logic, Sets and Numbers (an actual college course I took in the 70’s). But when we engage in a social setting, online or offline, are we ever not learning? Let’s add in a third statement: we are constantly learning. Even while asleep, some research indicates, the brain assembles and makes sense of what it experienced that day. There isn’t a time when our brains aren’t rewiring themselves based on input from our environment.

Come è quindi possibile implementare il Social Learning all’interno di un’organizzazione moderna?

Sempre Harold Jarche fornisce alcune indicazioni a riguardo circa alcuni cardini fondamentali:

  • Ascolto e creazione: essere aperti all’autonomia e all’apprendimento auto-diretto è la base per la maturazione della conoscenza individuale. La ricerca di senso passa attraverso i cosiddetti PLE (Personal Learning Environments) e PKM (Personal Knowledge Management). Il primo step del Social Learning sarà quindi proprio quello di partire dall’ascolto (proprio come una buona strategia di Social Media Marketing): nel tentativo di raccogliere le fonti autorevoli, le persone giuste e ascoltare, capire ciò che stanno facendo.
  • Conversazione: condividere è un atto di grande importanza per un paradigma di apprendimento sociale. Attraverso conversazioni di valore sostenute con persone di fiducia possiamo condividere la conoscenza e permettere all’organizzazione – a noi stessi – una crescita maggiore. L’engagement come secondo passo fondamentale (anche in questo caso ritorna il parallelismo con il SMM)
  • Co-Creazione: nessun uomo è un’isola: un team in casi come questi ragiona spesso molto meglio di un singolo individuo.
  • Formalizzazione e condivisione: tracciare e documentare i processi di apprendimento e di creazione che sono avvenuti è sempre una buona pratica. Lasciare una traccia di quello che si è imparato e verbalizzare ciò su cui si sta riflettendo è sempre un’ottima pratica per fissare al meglio ciò che stiamo cercando di imparare o ciò su cui stiamo riflettendo

Non solo condivisione quindi…

L’apprendimento informale, l’innovazione, i processi di miglioramento si generano da quel chiacchiericcio interno all’organizzazione tenendo sempre presente il ruolo fondamentale, perlomeno in una fase iniziale, della formazione.

A un cambiamento tecnologico e comunicativo ne deve seguire uno culturale.

Un video molto bello di Dan Pink in occasione dell’edizione 2009 del TED ci fa capire come si presenta uno scollamento tra quello che le aziende di oggi fanno e quello che la scienza sa.

Ecco riassunti i punti del suo discorso in maniera schematica:

  1. Gli incentivi economici sul posto di lavoro, che pensiamo siano la parte normale del nostro modo di lavorare, funzionano ma solo in casi estremamente limitati.
  2. Gli incentivi se maggiori allora uccidono la creatività
  3. Il segreto per avere performance alte non è in un sistema esterno di premi e punizioni, ma in una motivazione intrinseca in quello che si sta facendo. La spinta che ci muove a fare le cose perché hanno senso in loro stesse, perché ci piace farlo.

Non si finisce mai di imparare ma serve capacità di adattamento, rapidità, collaborazione, voglia di mettersi in gioco. Senza dimenticare che i migliori strumenti per l’apprendimento sono quelli invisibili: raccontare storie che siano significative, che colpiscano l’attenzione, che mettano in relazione le persone con le loro emozioni, usare tutti e cinque i sensi, pensare in grande ma cominciare dal piccolo, da quello che realmente si può fare, facilitare e anche divertirsi.

Serve cambiare mentalità per apprendere meglio e per continuare ad apprendere per tutta la vita.

Il post è liberamente ispirato a: questo articolo e a questo articolo.