Oggi tutti parlano di “comunità”. E’ il nuovo mantra, dopo l’ormai inflazionato “Web 2.0”.

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Ma cos’è e come funziona realmente una comunità?
Il rapporto tra comunità fisiche e virtuali, tra reale e digitale è infatti una dicotomia tanto pericolosa quanto affascinante da approfondire.

I fatti di questi giorni, in Egitto come nelle nostre piazze, ci dimostrano come non sia più necessario scegliere da che parte stare – se loggati a twitter, facebook e gli altri social network mentre la vita reale scorre, o calati nei fatti quotidiani perché unici portatori di esperienza e rapporti interpersonali veri.
In realtà, per dirla con Manuel Castells, oggi parliamo sempre più di virtualità reale. Passiamo dallo spazio dei luoghi a quello dei flussi al tempo di un click o di una condivisione in Rete. Ed è solo l’inizio: la tecnologia al servizio dell’uomo abilita funzioni e visioni prima impensabili. Abbatte barriere e sfida lo status quo. E’ uno strumento nuovo al servizio di fini riconducibili alla naturale attitudine dell’uomo ad essere animale sociale, a fare tribù con i propri simili.

La vecchia comunità del patronato, del bar sport, dell’associazione culturale locale lascia spazio a movimenti liquidi di persone che si conoscono e capiscono meglio in Rete di quanto farebbero in piazza. E dalla Rete si danno appuntamento nel mondo reale. Per cambiarlo.

Da questo mese proverò a condividere il progetto di costruzione di una Comunità. Intorno al Centro Scalzi di Venezia si sta aggregando un gruppo di persone pronte a mettersi in gioco per valorizzare una struttura meravigliosa e una spiritualità unica.

Lo fanno perché è giusto, non perché rende. E’ un progetto ambizioso, aperto, in piena ottica Ubuntu: io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti.