Se si accende la televisione a qualsiasi ora del giorno e si ascolta un telegiornale si avrà l’occasione certamente di sentir pronunciare il termine “Piccole e medie Imprese” (PMI) come soluzione a tutti i mali della nostra economia. Occupazionali, Economici, Sociali ecc.

In Italia, le PMI sono oltre 4 milioni pari al 99,9% di tutte le imprese. Occupano l’81,7% degli addetti. Producono il 71,5% del valore aggiunto. Le micro imprese da sole sono il 94,9% di tutte le imprese e occupano il 48% del totale degli addetti. Contribuiscono al 32,8% del valore aggiunto.

Sembra che sulla carta tutti siano in grado di comprendere la reale utilità delle aziende che hanno e tuttora stanno mandando avanti il sistema paese e che sono state oggetto di innumerevoli studi in ambito internazionale. Ma all’atto pratico si finisce per fare sempre troppo poco per coloro che si assumono il rischio imprenditoriale (ma anche sociale) di far funzionare un Paese che sta vivendo questa crisi mondiale con una discreta incapacità di reagire e di osare. Si preferisce seguire stili assistenziali di vecchia data e poco contestualizzati al panorama economico attuale, che supportano le grandi aziende italiane, relegate ormai ad una parte meno significante nella produzione del PIL e dell’occupazione nazionale; FIAT, Alitalia, il sistema Bancario ecc., tutti hanno avuto il loro “aiutino” e spesso i manager e gli imprenditori che le hanno mal gestite sono ancora lì, quasi a rammentare ai piccoli imprenditori che la mala gestione è un trattamento ed un rischio riservato solo a loro.

[…] mettere fine al capitalismo protetto in particolare delle grandi imprese, aprendo al mercato libero, concorrenziale, senza limiti ed aiuti. Reindirizzare l’attenzione verso le piccole-medie imprese, decidere di rischiare un po’ di più, come banche, e di accompagnare le Pmi in modo deciso. “Ci vuole un movimento complessivo che rimetta al centro questo tessuto. Invece, oggi c’è molta attenzione per le grandi aziende. L’economia italiana non si salva con quattro grandi imprese se tutte le piccole e medie spariscono”. (Vittorio Fini presidente di Confindustria Modena)

Il commissario europeo per le Politiche regionali, la polacca Danuta Hubner, in visita a Venezia alla fine di settembre 2008, ha identificato il Veneto come uno dei principali laboratori di idee del Vecchio Continente. L’Unione Europea vede in generale il Nordest, come un “luogo di avanguardia” per vincere le sfide dettate dalla competizione a livello mondiale. Insomma, un “attestato” di fiducia che la dice lunga sulle potenzialità di un sistema che, nonostante la crisi economica internazionale, cerca in qualche modo di rimanere a galla.

Una importanza cruciale non riconosciuta dalle azioni a livello statale.