Se conoscete la Lego esclusivamente per le festicciole dei bambini e gli scaffali dei negozi di giocattoli, avete visto solo una metà di quell’azienda. L’altra metà è la Lego che si rivolge agli appassionati, dai ragazzini che vogliono qualcosa di più dei normali kit agli adulti per cui i mattoncini sono la materia prima dei loro prototipi.

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Tutto ebbe inizio con l’attività di vendita per corrispondenza della Lego, che esordì con il tradizionale catalogo e che oggi si basa sempre più sul sito web della società. In un comune negozio di giocattoli, la Lego può essere presente con qualche dozzina di prodotti. Nel suo negozio online ne ha circa un migliaio, dai sacchetti di tegole alla base spaziale Morte Nera di Guerre Stellari da 300 euro. Se volete vedere quanto differisca, nel caso della Lego, il mercato online dal mercato tradizionale, controllate la lista dei prodotti più venduti. Solo una piccola parte di quei prodotti è reperibile nei negozi, come i Trasporti Jawa di Guerre stellari, che costano 140 euro, e una borsa di figurine da 43 euro.

Fermiamoci un istante e consideriamo le implicazioni tipiche della coda lunga. Almeno il 90 per cento dei prodotti Lego non è reperibile nei negozi tradizionali, ma è disponibile soltanto su catalogo e online, dove i costi di inventario e distribuzione sono molto più amichevoli nei confronti dei prodotti di nicchia. Nel complesso, le vendite online costituiscono il 10-15 per cento degli 1,1 miliardi di euro di vendite annuali della Lego. Ma i margini sono più alti dei kit venduti off-line, perché i ricavi non vanno divisi con il rivenditore. E siccome il negozio virtuale può trattare prodotti per tutti i fan della Lego, giovani e meno giovani, in rete la gamma dei prezzi può essere decisamente più ampia: dai mattoncini da un dollaro alla Morte Nera da 300 euro.

La fase successiva dell’ossessione per il Lego è iscriversi a uno dei suoi due club. Il primo ti garantisce la rivista mensile e i cataloghi Lego. Il secondo è una sorta di community online, dove ci sono tutti i giochi e altra roba fantastica. L’iscrizione è gratuita in entrambi i casi, ma se siete dei veri adepti, magari vi andrebbe di passare al livello Brickmaster, che vi dà diritto a una rivista più sostanziosa con un sacco di progetti fai-da-te, oltre a cinque kit esclusivi che riceverete a casa e un biglietto per Legoland. E così che Lego segmenta i suoi clienti, dal casuale all’appassionato, e che trova il modo di andare oltre il mercato one-size-fits-all dello scaffale del rivenditore.

A questo punto, è giunto il momento di prendere sul serio le vostre creazioni. Da tempo la Lego offre su internet strumenti per incoraggiare lo scambio di modelli e la peer production. Nel 2000, il suo progetto My Own Creation portò a una gara per il miglior modello creato da un utente. Vinse una bottega da maniscalco: la Lego comprò i diritti dal suo inventore e per un certo tempo mise il kit in commercio. Più tardi propose il Lego Mosaic, che permetteva agli utenti di caricare immagini che venivano poi convertite in mattoncini 2D, scaricabili da chiunque.

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Nel 2005 la Lego ha lanciato il suo progetto finora più ambizioso di peer-production, Lego Factory. L’idea è che tu scarichi il software con cui progettare e costruire delle creazioni virtuali, e poi le carichi sul sito dell’azienda. Dopo una settimana circa, ti arriva un kit con tutti i pezzi necessari in una scatola, su cui c’è un’immagine della tua creazione. L’aspetto più incredibile è che anche gli altri possono comprare il tuo kit, ed è in vendita una bella selezione di modelli creati dagli utenti. Più di 100.000 modelli sono stati disegnati in questo modo, e i migliori sono anche stati commercializzati come prodotti ufficiali Lego. La società paga persino le royalties agli autori.

Ma nel mondo di Factory non è tutto oro quello che luccica. La personalizzazione di massa è sicuramente una meraviglia, ma quando hai settemila pezzi possibili in settantacinque colori diversi (più di mezzo milione di possibilità), offrire agli utenti piena libertà può diventare controproducente. Così la Lego limita la scelta in due modi. Prima di tutto, ogni modello può essere costruito soltanto a partire da un’unica palette di pezzi, ad esempio parti di automobili. Secondo, queste parti arrivano in sacchetti preconfezionati con un numero prefissato di mattoncini, perciò probabilmente ne avrete più del necessario. Se non state attenti, un semplice veicolo che potrebbe costarvi meno di 10 euro può arrivare a costarne 100 nella Lego Factory, soltanto perché usate i pezzi di quei sacchetti in modo poco efficiente.

Fortunatamente è stata trovata una soluzione. I fan hanno compilato un database indicando quali sacchetti si trovano in determinate palette, e hanno creato un software che aiuti i costruttori a usare quei sacchetti con efficacia, evitando di dover spendere un sacco di soldi per un singolo mattoncino. E, va detto a suo merito, la Lego ha incoraggiato quest’iniziativa. Ma è ancora troppo difficile e limitante per la maggior parte delle persone, così la Lego sta studiando il modo di affinare il processo, a cominciare da un software di progettazione più semplice da usare.

Michael McNally, senior manager delle relazioni con il pubblico della Lego, vede un parallelo nell’approccio di iTunes di Apple, che permette di scaricare singole canzoni, non solo gli album, preparare una playlist e metterla in comune con altri utenti. È simile alla creazione personalizzata a partire da pezzi standard della Lego. «Quel che iTunes fa per la musica, Lego Factory lo sta facendo per chi ama costruire», rivolgendosi a mercati di nicchia e incoraggiando la peer production. Diamo il benvenuto alla coda lunga dei mattoncini di plastica.